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Aquarius: l’Italia chiude i porti, l’Ue apre le orecchie

Breve riassunto di ciò che è avvenuto nelle ultime ore: dalla chiusura dei porti italiani alla soluzione spagnola definitasi nella giornata di oggi, passando per polemiche, hashtag ed un problema che sembra essere non più solo dell'Italia.

Che cos’è l’Aquarius

L’Aquarius è una nave gestita dalle organizzazioni SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere. Può ospitare fino a 500 persone e dal 2016 viene utilizzata da queste due ong (Organizzazione Non Governative) per il trasporto di migranti.

Le persone che fuggono dalle coste libiche prendono la direzione del mare aperto a bordo di barconi. Il personale delle ong le recupera a bordo di navi come l’Aquarius, salvandole dalle pericolose onde del mare, e portandole verso porti sicuri in Europa.

Cosa è successo ieri

Dalla notte tra sabato e domenica l’Aquarius stava aspettando l’autorizzazione delle autorità italiane per far approdare in Sicilia 629 migranti, soccorsi nelle operazioni dei giorni scorsi. Il nuovo governo italiano ha tuttavia respinto la richiesta della nave.

La motivazione di questa scelta è stata data dal ministro degli Interni Matteo Salvini, che dopo aver lanciato nei Trend l’hashtag #chiudiamoiporti, ha affermato che l’Italia è stata lasciata da sola nella gestione dei migranti, e siccome si tratta di una questione internazionale, che riguarda tutti gli stati Europei, l’Italia non può accogliere tutti i migranti che arrivano dal Mediterraneo.

L’appello a Malta

L’Aquarius si trovava in una zona di mare compresa tra Sicilia e Malta, ma molto più vicina all’arcipelago maltese rispetto alle coste italiane. Così il governo italiano, dopo aver chiuso i propri porti, aveva fatto appello al governo maltese. Salvini aveva così affermato:

Il buon Dio ha messo Malta più vicino della Sicilia alla Libia. Non è possibile che risponda “no” a qualsiasi richiesta di intervento.

Il problema è che Malta con i suoi 316 km² di superficie è quattro volte più piccola di Roma (1.285 km²) e ottantuno volte più piccola della Sicilia (25.711 km²). Già oggi, Malta accoglie – in proporzione alla sua popolazione – molti più migranti di quanti non ne accolga l’Italia. Inoltre l’isola è scarsamente attrezzata per accogliere centinaia di migranti e le loro richieste di protezione internazionale.

Secondo quanto riportato da Il Post, le norme sul soccorso marittimo stabiliscono che gli sbarchi delle ong debbano avvenire nel “primo porto sicuro”, sia a livello geografico, sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

Per questi motivi le ong trasportano in Italia – e solo in Italia – tutte le persone che soccorrono nel tratto di mare fra Libia e Italia.

Così, il primo ministro maltese Joseph Muscat aveva respinto la richiesta del governo italiano.

L’Italia può chiudere i porti?

Il #chiudiamoiporti lanciato da Salvini ha creato un acceso dibattito riguardo la legittimità di questa mossa politica.

A favore della sua posizione viene citato l’articolo 19 della Convenzione ONU sul diritto del mare del 1982. Esso stabilisce che qualora il passaggio di una nave arrecasse «pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero», essa può essere fermata. Nell’ottica di Salvini, le ong trasportano gruppi di persone che entrano illegalmente in Italia, quindi possono essere fermate.

Il ministro dell’Interno ha infatti affermato che delle 40 mila domande esaminate nei primi cinque mesi del 2018, solo 6 casi su 100 erano rifugiati politici, mentre ad altri 4 su 100 è stata garantita la protezione sussidiaria.

Eppure la politica – non essendo come la matematica – è pur sempre un’opinione. Così gli oppositori della linea seguita da Salvini hanno lanciato l’hashtag #chiudiamosalvini, argomentando così la loro posizione: secondo l’articolo 10 del Testo Unico sull’immigrazione del 1998, il respingimento non può avvenire nei casi in cui viene riconosciuto «lo status di rifugiato ovvero l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari».

I migranti a bordo delle navi non sono necessariamente clandestini, ma potrebbero essere richiedenti asilo politico e protezione per motivi umanitari. Respingere una nave, prima ancora di averla fatta attraccare, rende difficile riconoscere se a bordo sono presenti dei richiedenti asilo “in regola”.

Già in passato l’Italia era stata condannata dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per aver respinto illegalmente i barconi di alcuni migranti. La scelta compiuta dal ministro dell’Interno, appoggiata anche dal ministro delle Infrastrutture Toninelli, potrebbe avere delle conseguenze in questo senso.

L’intervento della Spagna

A “risolvere” questa crisi, diventata ormai internazionale, è intervenuto il governo spagnolo, guidato dal socialista Pedro Sánchez. Egli, «per evitare una crisi umanitaria», aveva aperto il porto di Valencia all’Aquarius.

Tuttavia ieri la nave si trovava ancora bloccata a 1500 chilometri di distanza dal porto spagnolo, tra Malta e l’Italia. Questo ha fatto emergere numerosi dubbi riguardo alla possibilità di far intraprendere all’Aquarius un viaggio del genere, di circa tre giorni, con a bordo persone bisognose di assistenza e soccorso.

Nonostante tutto, oggi, martedì 12 giugno, è arrivata la conferma che il porto sicuro scelto per lo sbarco dei migranti sarà proprio quello di Valencia.

Per il trasporto dei passeggeri dell’Aquarius sono state messe a disposizione una nave della Guardia Costiera e una della Marina Militare, attrezzate con personale medico.

Conseguenze

Medici Senza Frontiere si è lamentata di come è stata gestita la situazione. Su Facebook hanno scritto: «ancora una volta la politica degli Stati europei è posta al di sopra delle vite delle persone». Non si può infatti negare il fatto che una nave piena di persone bisognose di aiuto sia dovuta rimanere per quasi tre giorni – dalla notte tra sabato e domenica, fino a martedì mattina – bloccata in mare aperto, tra Malta e la Sicilia, in attesa di un porto sicuro dove attraccare.

Salvini, d’altro canto, ha celebrato lo svilupparsi degli eventi come una “grande vittoria”. Se il suo obiettivo era quello di sollevare il problema dell’immigrazione a livello europeo, si può dire che ci sia riuscito.

Tuttavia la filosofia secondo la quale “il fine giustifica i mezzi” non sempre va a braccetto con le norme vigenti per la gestione dell’immigrazione. Il ministro di Giustizia spagnolo ha infatti affermato che «l’Italia rischia responsabilità penali». Il partito del presidente francese Macron ha invece definito la posizione dell’Italia «vomitevole».

Come ha però scritto Enrico Mentana «è giudizio di molti che ci sia stata una parte di cinismo e di irresponsabilità nella posizione italiana sui migranti dell’Aquarius. Ma l’ultimo, proprio l’ultimo che può imputare questo all’Italia è il presidente francese: al confronto di Macron, in tema di accoglienza, Salvini e Toninelli sono due romantici utopisti. Avesse dedicato ai migranti un millesimo degli sforzi fatti per tenere le fila del nuovo potere in Libia, oggi la situazione sarebbe ben diversa. Invece abbiamo davanti agli occhi la vergogna di Ventimiglia e di Bardonecchia, e i porti francesi ostentatamente sigillati. No, monsieur le president: lezioni da altri, ma da lei proprio no».

Un piano internazionale per la gestione dei migranti?

Siamo nel bel mezzo di una crisi internazionale. I migranti hanno bisogno di essere accolti in porti sicuri, ma l’Italia non vuole prendersi la responsabilità di accogliere “tutti”.

Nel 2017 Francia e Spagna avevano chiuso i loro porti, mentre l’Austria aveva minacciato di mandare l’esercito al confine. Oggi si può dire che Italia e Spagna si siano scambiate di posto, ma c’è bisogno di raggiungere un compromesso. Il problema non farà che ripresentarsi se non viene raggiunto un accordo con i gli altri paesi Europei, e non ci metterà poco, visto che un’altra nave ONG, con bandiera olandese, è in rotta verso le coste italiche.

In una live trasmessa in diretta sul suo profilo Facebook, Salvini dichiarava la sua intenzione di recarsi in Libia verso la fine di giugno. Il suo obiettivo è quello di raggiungere degli accordi per creare porti sicuri in quegli stessi Paesi da cui partono i migranti. Come ha affermato ieri «il problema va risolto a monte, non a valle», per poter porre fine a questi viaggi “disperati” nei quali i migranti rischiano – e talvolta perdono – la vita.

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