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Arma VirumQue, non solo storia militare

Una prospettiva inedita sulle vicende del passato

Quando si sente parlare per la prima volta di storia militare, le immagini che inizialmente possono venire in mente sono quelle delle infinite battaglie e miriade di conflitti che hanno costellato la nostra storia più o meno recente. In realtà si tratta di una materia inaspettatamente interdisciplinare che un nutrito gruppo di studenti dell’Università di Torino ha deciso di trattare in un’apposita rivista nata tra i corridoi di Palazzo Nuovo ormai più di due anni fa. Ne abbiamo parlato con il direttore Francesco Biasi.

 

Direi di dare inizio alla nostra chiacchierata proprio a partire dal titolo stesso della rivista, Arma VirumQue. Esso riassume efficacemente gli intenti e gli indirizzi metodologici da voi perseguiti nella stesura degli articoli, ci racconti qualcosa in merito a questa scelta?

Il titolo riprende ovviamente i temi affrontati da Virgilio nell’Eneide, in Arma VirumQue infatti si esplicano contemporaneamente due concetti della storia militare, quello relativo agli uomini e quello legato agli armamenti. Il nostro intento non è ricostruire una mera storia della guerra o delle battaglie, ma indagare tutto quello che riguarda le istituzioni militari da un punto di vista antropologico e sociologico, così come analizzare la figura del militare nel corso del tempo, tenendo sempre al centro della nostra ricerca l’uomo nel corso dei secoli.

 

Facciamo ora un passo indietro, non possiamo del resto parlare di una rivista che tratta di storia senza prima aver fatto un breve sunto di questi due anni di vita di Arma VirumQue. Quali sono stati i momenti che hanno maggiormente segnato lo sviluppo della rivista?

La rivista è nata durante la prima zona rossa dovuta al Covid. Siccome non avevamo molto da fare (ride, NdR) abbiamo deciso di fare qualcosa di costruttivo per continuare a studiare, fare ricerca e scrivere articoli. Ho iniziato a prendere contatti con la mia primissima cerchia di amici e colleghi, poi pian piano ci siamo allargati sempre di più finché l’anno scorso intorno a febbraio/marzo ci siamo riuniti in un’associazione di promozione sociale per dare una struttura alla rivista, fare rete e allargarci ulteriormente sul territorio nazionale.

 

Perché di tutte le branche della storia avete deciso di approfondire proprio quella militare? E perché fondare una rivista di questo genere presso l’Università di Torino se già esistevano esperienze simili, come Ars Militaris a Padova e Casus Belli a Bologna?

Se finora siamo riusciti a pubblicare per ogni numero 200 pagine di articoli con 9 interventi e a organizzare conferenze con autori che vengono da tutta Italia e dall’estero, vuol dire che abbiamo risposto a una domanda, a una necessità, su Torino esisteva una sorta di vuoto in merito a questa disciplina. Per quanto riguarda altre riviste di storia militare, si tratta di approcci e progetti diversi. Casus Belli ha uno stile più da blog, divulgativo, infatti le loro pagine Instagram e Youtube sono molto quotate. Ars Militaris propone un lavoro legato all’università di Padova perché i membri organizzano seminari interni alla realtà universitaria che vengono in seguito pubblicati. Noi abbiamo cercato di fare un passo verso il mondo accademico, offrendo la possibilità di scrivere articoli scientifici e dare sfogo alle nostre ricerche. Sappiamo di non essere cultori della materia, infatti quello che cerchiamo di restituire è un atteggiamento accademico negli articoli con note e bibliografia compilate in maniera attenta e rigorosa, ma mantenendo un approccio divulgativo dato che cerchiamo di andare incontro a un pubblico tendenzialmente generalista.

 

In che condizione versano i War Studies in Italia rispetto all’estero?

In Inghilterra esiste un intero dipartimento universitario dedicato alla militaristica, da questo punto di vista gli altri Paesi sono molto più avanti nella ricerca e soprattutto c’è un’attenta comunicazione e interconnessione tra forze armate e università che non viene a rovinarsi dietro una retorica nazionalistica. In Italia i primi storici ottocenteschi si occupavano di storia militare e di storia politica attraverso gli archivi di corte. Nel ‘900, tuttavia, la storia militare è stata sfruttata per fini propagandistici dal partito fascista, per questo in seguito c’è stata una sorta di rifiuto della materia da parte del mondo accademico. Recentemente si sta verificando una riscoperta della disciplina anche attraverso la nascita di alcune cattedre di storia militare. Per esempio, a Torino si è trasferita la Prof.ssa Paola Bianchi che prima insegnava ad Aosta e lo stesso Alessandro Barbero nasce come storico militare.

 

Arma VirumQue esce ogni tre/quattro mesi per un totale di tre numeri all’anno ognuno dei quali formato da circa 200 pagine. Ci racconti come si struttura l’organizzazione e la stesura dei numeri all’interno della rivista? In particolare, come avviene la scelta degli argomenti da trattare, come si fa ricerca tra archivi e biblioteche, come gestite la parte grafica e di impaginazione (tutti i numeri di Arma VirumQue sono fruibili gratuitamente e scaricabili in formato pdf presso il sito, NdR).

Attualmente abbiamo una ventina di scrittori e siamo divisi per redazioni che vanno per periodi, quindi storia antica, medievale, moderna e contemporanea. Ogni redazione ha un suo caporedattore che organizza gli interventi in modo tale che in ogni numero non ci siano due articoli simili. Tendenzialmente a inizio anno facciamo un planning in cui già decidiamo chi scriverà nei vari numeri in modo tale che ognuno possa organizzare la propria ricerca. Pubblichiamo due articoli per ogni periodo storico, dopodiché c’è sempre una piccola sezione relativa alle fonti. La ricerca in archivio e in biblioteca avviene in maniera autonoma così come la correzione delle bozze dato che non abbiamo un professore alle spalle, la parte grafica è invece gestita da me. Ad ogni nuova uscita teniamo una conferenza al Club Scherma Torino che ha la propria sede a Villa Glicini all’interno del Parco del Valentino durante la quale ogni relatore presenta in dieci/quindici minuti il proprio lavoro di ricerca.

 

A ormai due anni dalla nascita di Arma VirumQue è tempo di bilanci: quali sono stati i traguardi di cui andate più fieri? 

Non possiamo che fare un bilancio davvero positivo, siamo sempre riusciti a pubblicare con costanza e a produrre articoli di valore e apprezzati anche dai nostri professori. Abbiamo partecipato al Salone del Libro di Torino con l’Associazione di Storia Contemporanea del Prof. Severino dell’università di Macerata, così come abbiamo organizzato con la Società Italiana di Storia Militare e il gruppo di Casus Belli una military history school a Montecuccolo. Sono iniziati i nostri laboratori di educazione civica finanziati dalle circoscrizioni tramite il comune di Torino nelle scuole medie e superiori. Tra i nostri partner e collaboratori c’è il Museo Pietro Micca, lo stesso direttore, il Generale Franco Cravarezza venuto recentemente a mancare, è stato un nostro grande sostenitore e amico. Abbiamo anche organizzando per la Festa delle Forze Armate dello scorso 4 novembre delle visite guidate con 30 rievocatori in divisa militare presso il Museo del Risorgimento di Torino riuscendo ad attirare più di 200 visitatori. L’obiettivo ultimo è quello di continuare a raccogliere fondi per registrare Arma VirumQue presso il tribunale di Torino per diventare una rivista riconosciuta a tutti gli effetti.

 

Aspetto a latere del vostro progetto, ma altrettanto significativo è quello di andare a sfatare più o meno direttamente tutti quei miti che aleggiano intorno alla figura dello storico: quanto ha contato e conta nel vostro progetto l’amicizia tra colleghi nata sui banchi universitari, la socialità attraverso convegni e conferenze, il fare rete anche al di fuori di Torino per uno studio autogestito della storia militare? Senza contare che mi hanno raccontato che alle vostre feste post conferenza ci si diverte parecchio, ma questo se vuoi non lo diremo.

Per me invece dobbiamo dirlo, anche perché fa molta pubblicità (ride, NdR). È un aspetto importante, noi siamo nati prima come gruppo di amici all’interno dell’università e poi abbiamo pensato di fondare una rivista inglobando sempre più persone con alla base sempre un forte senso di amicizia, di comprensione delle esigenze, di condivisione del lavoro e delle ricerche. Molto spesso le nostre riunioni, assemblee, conferenze hanno un aspetto conviviale anche perché siamo tutti giovani, è un aspetto su cui puntiamo molto.

 

Non ho potuto fare a meno di notare che la vostra rivista è al momento completamente al maschile e le stesse personalità della ricerca storica con cui vi interfacciate sono prevalentemente uomini. Vi siete mai interrogati su questo aspetto? Forse dovremmo cercare di rompere questa dicotomia per cui i Gender Studies sono frequentati per la maggior parte dei casi da studiose e i War Studies da colleghi.

Questo è un grosso problema che ci poniamo e ci siamo sempre posti. Ci piacerebbe avere delle ragazze nel gruppo, non per una questione di politicamente corretto o di amicizia, ma perché sarebbe molto bello avere un punto di vista femmile su argomenti di storia militare. Probabilmente si andrebbero a scoprire delle dinamiche, delle focalizzazioni che noi per deformazione non saremmo portati a indagare. Ci piacerebbe risolvere questo problema, ma esso dipende da noi solo in parte perché in Arma VirumQue sono le persone esterne che ci contattano per scrivere. C’è però come un retaggio, un pregiudizio da entrambe le parti. Molte ragazze dicono che non conoscono o non apprezzano la storia militare, ma in realtà basterebbe adattare molti studi che loro stesse conducono per avvicinarli alla storia militare. Oggi si tratta di un punto di ricerca talmente ampio che può essere applicato anche ai gender studies, alla storia dell’arte, alla filosofia, alle scienze politiche e così via.

 

Ancora una domanda per concludere: questo progetto è nato dalla collaborazione di amici e colleghi del corso di Scienze Storiche a Palazzo Nuovo a Torino. Ora molti di voi si sono laureati in magistrale o stanno per farlo, alcuni magari continueranno il percorso accademico con il dottorato di ricerca o intraprenderanno la strada dell’insegnamento. Insomma, come state vivendo questo momento di transizione in redazione, l’ambiente universitario rimarrà il vostro campo di aggregazione privilegiato anche se non ne farete più tutti parte?

Sicuramente sì, anche perchè Arma VirumQue nasce soprattutto come una palestra per tutti quegli studenti che vogliono esercitarsi nella scrittura di articoli scientifici, vederli pubblicati e poterli poi esporre davanti a un pubblico durante una conferenza. L’aspetto e l’ambiente universitario rimarranno di sicuro fondamentali anche una volta che avremo terminato gli studi.