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Avere milioni di vite in una mano o prenderne in mano una sola?

Chi non ha mai preso in mano lo smartphone in un momento di noia? Alla fermata dell’autobus, in
coda alla posta, in auto al semaforo, in classe, al lavoro… il telefono concede di svagare il cervello e di non
annoiarsi. Che sia utilizzato per far volare il tempo in un lungo viaggio o per quei due minuti di pausa-studio
(che non sono mai solo due), ormai è diventata una protesi della nostra mano. Ma non una protesi
“stupida”, mero strumento metallico e privo di contenuti, bensì un recipiente che al suo interno ospita
storie e stories, foto e ricordi, anche persone.

La vita nel 2018 è ormai costituita da determinati eventi, a cui sono intervallate pause social. “Okay
ho studiato dieci pagine, vediamo se qualcuno ha pubblicato qualcosa”, “Il prof in questo momento è
noioso, diamo un’occhiata a Instagram!”, “È ora di andare a dormire, prima però fammi controllare che
Marco non abbia postato nulla”, “La serata procede un po’ a rilento, mentre gli altri parlano guarderò un
attimo Facebook”.

Non c’è più spazio per pensare, per osservare il mondo che ci circonda, neppure per
annoiarsi.

E l’uomo moderno non può più fare a meno del suo smartphone per ingannare il tempo.

In una recente intervista Giulia Valentina, influencer, ha definito il suo mestiere “content creation”, creazione di contenuti. Oggigiorno gli utenti non riescono a fare a meno di ricevere continuamente stimoli e hanno
bisogno di determinate persone che ne creino di sempre nuovi per loro. “Che noia se la bacheca non si
aggiorna, cosa posso guardare adesso?”, i pochi amici non caricano più abbastanza. Ecco dove si innesta il
lavoro degli influencer. Devono creare diversivi alla realtà, produrre della materia sempre nuova per i loro
spettatori: le fashion weeks, il lancio del nuovo mascara di Benefit, baby lenticchia, le passeggiate col cane
al parco (e ovviamente vuoi che la palla di pelo non abbia una pagina personale?), la propria relazione dopo
essere usciti dal Grande Fratello. Una sorta di cinema gratis e sempre disponibile, i cui protagonisti giorno
dopo giorno ci diventano familiari. Giorno dopo giorno impariamo a conoscerli, o meglio, a conoscere ciò
che ci mostrano di sé, reale o fittizio che sia. Ormai li accompagniamo ovunque vadano. Ed essi
accompagnano noi, riempiono le nostre giornate.

Vite altrui scorrono perennemente davanti ai nostri occhi, quasi come se fossimo spettatori di un
eterno reality che si svolge in un piccolo schermo nella nostra mano.

Vite che ci sono presentate come invidiabili. Vite costruite per interessare il pubblico e per ostentare un’esistenza che pochi appartenenti ad una ristretta élite si possono permettere (e proprio per questo motivo ci sembrano i personaggi di un film che vivono esistenze straordinarie e fuori dal comune). Vite che probabilmente ci portano a svalutare le
nostre e a desiderare di evadere dalla nostra quotidianità, dalla nostra routine così dannatamente banale.
Nonostante razionalmente sappiamo che non è tutto oro quel che luccica, la loro vita ci sembra luccicare, e
anche parecchio.

Eppure non ci si deve neanche abbandonare alla condanna senza appello di social e smartphone,
ritenendoli mere casse di risonanza per trash e gossip. Essi hanno un grandissimo ruolo nella diffusione
dell’informazione pulita e impegnata (dibattiti, campagne umanitarie), dei fatti di cronaca del mondo,
persino dell’arte. Come sempre accade gli strumenti non sono di per sé negativi, lo diventano in base
all’uso che ne facciamo. L’importante è che non siano la copertina di Linus che ci faccia sentire più forti e
meno soli, che ci permetta di osservare vite altrui per non pensare alla nostra.