Si deve fare qualcosa al più presto contro il riscaldamento globale oppure saremo nei guai.
Infatti, un nuovo rapporto speciale, pubblicato dal gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico l’8 ottobre 2018, ci dice che, se andassimo avanti con i ritmi attuali, la temperatura media globale potrebbe crescere di circa 1,5 C° nel 2030 rispetto all’epoca pre-rivoluzione industriale. Una soglia che ci permetterebbe di avere ancora effetti limitati e gestibili, se pur a seguito di enormi investimenti economici. In fondo, basterebbe ricoprire il 3% della superficie del Sahara con pannelli solari termodinamici per soddisfare la richiesta di energia mondiale.
E se la riduzione delle emissioni di gas serra non dovesse bastare o essere adeguata?
In una tale situazione si arriverebbe ad un aumento di +3 gradi e la catastrofe climatica sarebbe assicurata.Per questo motivo il gruppo ha evidenziato che è molto importante che i governi introducano tecnologie in grado di recuperare la CO2 presente nella nostra atmosfera. Anche se esse, per ora, sono solamente un prototipo.
Eppure, anche se l’aumento della temperatura media globale si riuscisse a contenere, molte nazioni sarebbero a rischio.
L’innalzamento dei mari sarebbe una primaria conseguenza e, ad esempio, l’Italia si ritroverebbe con il mar Mediterraneo cresciuto quasi di un metro rispetto al livello odierno, portando all’inondazione di vaste aree di costa come la laguna di Venezia o metà della Puglia.
Guardando altrove, le Maldive potrebbe essere sommerse e la barriera corallina quasi interamente distrutta.
C’è poi il problema del permafrost, la superficie di ghiaccio situata nella zona artica, il cui scioglimento potrebbe provocare un’ingente emissione nell’atmosfera di grandi quantità di gas metano, accumolatosi sotto strati di ghiaccio nel corso dei secoli. Ciò non farebbe altro che accelerare la distruzione del nostro pianeta.
Come affermato poi dal direttore scientifico di LifeGate Simone Monteni, ciò avrebbe come conseguenza secondaria, lo spostamento di milioni di individui, costretti a partire dal proprio luogo di residenza a causa di eventi climatici estremi.
Si sta quindi parlando di una nuova figura: il migrante climatico.
Ci si chiede perciò cosa succederà quando il flusso di tali individui sarà di circa 150 milioni di persone (secondo quanto dichiarato dal rapporto della Banca Mondiale), in un’Europa che non riesce a gestire una crisi migratoria tutto sommato di piccole dimensioni (i richiedenti asilo sono difatti circa lo 0,1% della popolazione europea).
Per questo motivo, sarà sempre più necessario ed importante pensare ad un serio sistema di integrazione su tutto il territorio italiano, andando oltre le banali semplificazioni della sinistra, che vede i migranti solamente come vittime da salvare, e della destra, che li vede come criminali da mandare via.
Serviranno tutte le nostre conoscenze, competenze e le più preparate figure professionali per fronteggiare fenomeni di questa portata. Serviranno molti modelli Riace sul territorio nazionale per evitare che tutto ciò si trasformi in caos sociale, scontri fra pari e nuovi poveri.
In tutto il mondo, moltissime persone si stanno già mobilitando per smuovere le coscienze; fra tutte una bambina svedese che ha deciso di disertare la scuola in segno di protesta contro gli adulti che si girano dall’altra parte di fronte al problema del cambiamento climatico.