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Intervista-confronto fra candidati: Chiamparino vs Cirio

I due candidati alla presidenza della Regione Piemonte a confronto su quelle che sono le tematiche più calde della campagna elettorale.

Grazie a Nexto, Officina Magazine ha potuto partecipare, in qualità di reporter, a due incontri separati, con protagonisti Alberto Cirio (centrodestra) e Sergio Chiamparino (centrosinistra). I due candidati alla presidenza della Regione Piemonte, interrogati da vari esponenti di spicco della società piemontese, hanno affrontato temi centrali per i loro programmi elettorali. Di seguito le loro idee su sviluppo, autonomie, sanità, grandi opere e giovani.

Avete entrambi un passato importante in politica e in Regione: ci raccontate brevemente la vostra storia e le ragioni della vostra candidatura?

CHIAMPARINO: sono stato sindaco di Torino dal 2001 al 2011, e presidente della Regione dal 2014, oltre a vari incarichi nella politica nazionale. Ho sentito il dovere di candidarmi vedendo il rischio che venisse buttato al vento tutto il lavoro che abbiamo fatto in questi 5 anni di guida della Regione. Sono inoltre preoccupato per la direzione verso cui sta andando la politica nazionale. La litigiosità è ormai elemento imperante nel Governo e nella nazione, e i toni del dibattito politico sono a dir poco inquietanti. Alla direzione della Regione abbiamo sistemato il bilancio, operazione necessaria per compiere nuovi investimenti. Ogni anno il Piemonte deve destinare 400 milioni di euro a pagare interessi per obbligazioni delle amministrazioni precedenti; per fare un confronto, la Lombardia deve destinarne 80.

CIRIO: dopo essermi laureato in giurisprudenza, sono diventato un imprenditore agricolo. Parallelamente, ho intrapreso la strada della politica: sono stato vice-sindaco di Alba e ho presieduto la governance del Langhe-Roero occupandomi di turismo enogastronomico e ambientale. Nel 2005 sono entrato in consiglio regionale come assessore per il turismo; nel 2014 sono stato eletto nel Parlamento Europeo, occupandomi di agricoltura e in particolare di sicurezza alimentare. Ritengo coerente candidarmi alla presidenza della Regione dopo l’esperienza da parlamentare europeo, in quanto le cose più difficili bisogna affrontarle quando ci si sente più pronti e io – dopo 5 anni a Bruxelles – mi sento pronto a lanciare una proposta di innovazione e di sviluppo per il Piemonte.

Alberto Cirio e Sergio Chiamparino (Foto LaPresse)
I dati Istat sulla popolazione mostrano visibili cali nel totale della persone residenti in Torino e nel Piemonte in generale. Questo non è solo un problema demografico, ma anche economico, in quanto si riflette sul capitale umano disponibile.

CHIAMPARINO: lo sviluppo porta persone, porta capitale umano. Per attrarre popolazione in età da lavoro, e soprattutto giovani, aiutano le proposte per favorire lo studio. La nostra giunta ha raggiunto la copertura del 100% delle borse di studio universitarie, a fronte del precedente 50%. Le borse coprono anche studenti non piemontesi, e ciò attira ragazze e ragazzi da tutta Italia. Bisogna concentrarsi di più sulla formazione professionale negli istituti tecnico-scientifici, poiché gli imprenditori spesso lamentano difficoltà a trovare imprenditori specializzati. Per quanto riguarda l’ambito della manifacturing technology (sia automotive che aerospazio), abbiamo stanziato 30 milioni in favore del Politecnico, che si occuperà di sviluppare il progetto.

CIRIO: bisogna far in modo che la gente arrivi in Piemonte portandosi dietro le famiglie, e l’unica condizione possibile è che siano disponibili posti di lavoro. Il Piemonte ogni anno deve pagare 400 milioni di interessi: senza perdere tempo nell’incolpare le amministrazioni precedenti, bisogna unire le forze per trovare nuove risorse economiche. Come? Attraverso l’autonomia regionale e attraverso un diverso rapporto con l’Europa. Ma anche attraverso un processo di sburocratizzazione, che possa attirare nuovi investimenti sul territorio: ad esempio, bisogna coniugare le leggi in difesa dell’ambiente, giustissime, a quelle che sono le esigenze di sviluppo della Regione. Bisogna inoltre sfruttare meglio i fondi europei a disposizione. Il piano di Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), valido nel periodo 2014-2020, aveva messo a disposizione del Piemonte 900 milioni: di questi, a 1 anno e mezzo dalla fine, ne sono stati spesi solo il 21%. È assolutamente inaccettabile che una regione in difficoltà come la nostra si permetta di sprecare simili risorse (anche perché i soldi non usati non potranno essere spesi in un secondo momento).

Si è parlato molto delle maggiori autonomie che, secondo alcuni, andrebbero concesse alle realtà territoriali da Stato e Unione Europea. Il vostro pensiero?

CHIAMPARINO: quando si parla di autonomie bisogna sempre tenere conto che ci si deve muovere nell’ambito dell’art.116 della Costituzione. Cirio, che dice di poterlo e volerlo cambiare, dice falsità. Lo stesso Zaia, che molto ha premuto sull’argomento, fa come facevano i monaci nel Medioevo: quando volevano mangiare maiale di venerdì, lo battezzavano pesce. Per fare un esempio concreto possiamo usare la reggia di Stupinigi o il castello di Racconigi. Se la Regione un domani potesse gestirlo autonomamente, bisognerebbe trasferire i conti e le spese dallo Stato alla Regione. Tutto ciò comporta dei rischi per le risorse regionali, spesso insufficienti per far fronte a tali spese.

CIRIO: autonomia significa gestione delle risorse ma anche gestione delle scelte. Sempre rimanendo nell’ambito dell’articolo 116, è fondamentale ottenere l’autonomia per quanto riguarda il settore dell’istruzione. Facendo un esempio, sarebbe importante potenziare lo studio della lingua inglese nelle scuole, necessaria nel mondo d’oggi; tuttavia, a livello ministeriale diventa difficile uniformare il piano curriculare per tutte le regioni: con l’autonomia, invece, noi come Regione Piemonte potremmo più facilmente prendere questo tipo di decisioni. Un altro ambito cardine nella nostra proposta di autonomia è quello della ricerca e dello sviluppo. Più in generale, sia nel rapporto con lo Stato che con l’UE, è necessaria una maggiore programmazione. Per programmare in maniera corretta, è necessario il dialogo con i vari soggetti interessati, anche con quelle che sono le lobby industriali della Regione.

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Il progetto della Città della Salute è stato uno dei punti cardine della scorsa giunta: cosa ne pensate della creazione di un unico centro anziché di diversi centri specializzati?

CHIAMPARINO: pur non volendo dire che tutto quanto fatto dalle amministrazioni precedenti fosse sbagliato, bisogna ricordare che in ambito di sanità ci siamo dovuti muovere con una gestione quasi completamente commissariata. Infatti, per ogni operazione non di gestione ordinaria serviva l’autorizzazione da Roma. Tuttavia, siamo riusciti a portare avanti il progetto della Città della Salute. Il progetto è un grande successo, perché consente di creare un centro ove possono confrontarsi esperti diversi e integrare le rispettive competenze. È diventato noto il caso di quella bambina che dopo anni ha potuto riprendere a mangiare grazie a una ricostruzione dell’esofago avvenuta con un lungo lavoro di equipe medica. Tutto ciò non sarebbe stato possibile se il Regina Margherita fosse rimasto separato dalla Città della Salute. Anche le polemiche sui posti letto risultano sterili: i dati demografici dicono che nascono meno bambini, quindi servono meno posti letto in pediatria. Bisogna destinare le risorse dove servono.

CIRIO:il progetto della Città della Salute è assolutamente da appoggiare, gli stanziamenti da parte dello Stato ci sono già. In questo momento c’è il problema delle bonifiche, bisogna capire che entità hanno e quanto valgono, per evitare di trovarci un secondo progetto incompiuto in città, dopo quello per il Grattacielo della Regione, i cui lavori non sono mai stati ultimati. Si è parlato anche di riduzione del 50% dei posti letto: non pensiamo di mantenere tutti i posti letto, ma cercheremo di limitare questa riduzione al 25-30%. Il vero problema, però, è quello dell’ospedale monospecialistico. Il progetto originario prevedeva infatti che anche il Regina Margherita venisse incluso all’interno del Parco della Salute, ma ciò sarebbe sbagliato e antistorico: ogni grande città europea ha il proprio ospedale monospecialistico di eccellenza, che mantiene la sua specifica identità.

Il tema delle grandi opere spacca l’opinione pubblica. Il caso più evidente è la TAV. il vostro parere?

CHIAMPARINO: fra un mese scadono i contratti delle aziende impiegate nei cantieri della TAV. Il Governo in merito ha deliberato che “non bisogna fare nulla che crei obbligazioni per il governo”. Tutto dovrebbe rinviarsi a fine anno, con il rischio che muti il quadro europeo. Infatti potrebbero arrivare altri progetti da altre parti d’Europa. Se l’Unione Europea dovesse ritenerli meritevoli vi sarebbe il rischio di perdere quelli destinati alla TAV. L’investimento nelle piccole e grandi opere è centrale: l’economia deve ripartire ed essere alimentata da politiche statali e regionali.

CIRIO: le grandi opere sono fondamentali per lo sviluppo della Regione. La TAV, ma non solo. È necessaria ad esempio una riorganizzazione dell’aeroporto di Caselle, che, oltre a fornire una scarna proposta di linee e rotte, garantisce anche pochissimi servizi (parcheggi, lounge room, ecc.). Per quanto riguarda la TAV, abbiamo fatto firmare un impegno pro-TAV a tutti i 200 candidati al Consiglio regionale delle liste del centrodestra, per precludere eventuali e futuri voltafaccia e boicottaggi: siamo l’unica lista in grado di garantire una tale sicurezza in merito. Per fortuna, inoltre, la Lega è al Governo: la TAV non la fa il Presidente della Regione da solo, ma deve agire con l’esecutivo nazionale.

Il cantiere della TAV a Chiomonte
Università e giovani: quali sono i vostri progetti e le vostre idee in merito?

CHIAMPARINO: come già detto, la nostra giunta ha ottenuto il 100% della copertura delle borse di studio. Oltre a ciò, sebbene il Piemonte abbia i tassi di abbandono scolastici tra i più bassi d’Italia, bisogna far sì che, nell’eventualità, i giovani siano formati per esercitare una professione. Bisogna quindi introdurre l’obbligo scolastico di formazione professionale. Serve inoltre investire tramite il pubblico sugli studentati, così che i luoghi ove i giovani studenti possono risiedere non sia lasciato al libero mercato. Inoltre, per ringiovanire la popolazione, servono investimenti a sostegno delle famiglie. La nostra giunta aveva già introdotto sostegno per le rette degli asili nido per le famiglie in difficoltà. Bisogna sviluppare il sostegno sociale insieme al sostegno sanitario.

CIRIO: sono convinto che la vocazione naturale di Torino sia quello di diventare una città universitaria per giovani. Abbiamo delle università che sono delle eccellenze a livello nazionale (e non solo) e, forti di questo, possiamo avere anche buone chance di ottenere dei fondi da Bruxelles che sostengano questo progetto. Servono infatti finanziamenti per dotare la città di strutture adatte all’ospitalità – Torino, ad esempio, è completamente sprovvista di ostelli – ma anche di servizi che permettano ai ragazzi di godere di un soggiorno migliore. In generale, comunque, è necessario piegare il livello di istruzione a quelle che sono le esigenze regionali. Come già detto, questo è possibile solo grazie all’autonomia, che ci potrebbe permettere di gestire con maggior libertà il piano di studi dei nostri ragazzi (adattandolo a quello che è il retaggio culturale del Piemonte ma anche a quelle che sono le competenze necessarie per emergere nel mondo del lavoro: un esempio, già citato, è quello dello studio dell’inglese).

Articolo scritto da Guido Giuliani e Federico Chiosso