Marta Ottaviani, professione giornalista, è l’ospite odierna di Officina Magazine. Laureata in Lettere Moderne all’Università Statale di Milano, ha fatto molta strada da quando si diede allo studio della lingua turca con i corsi del Comune di Milano: sul suo curriculum spiccano anni in prima linea, scrivendo senza censure in Paesi dove la censura è un dogma della vita politica, come Turchia e Russia. Parleremo con lei dell’apocalisse quotidiana che si consuma sugli stessi schermi tramite i quali ci state leggendo: la disinformazione.
È vero che Internet e i social media possono diventare un’arma di guerra?
Assolutamente. Internet e i social ormai fanno parte della nostra quotidianità. Vengono usati anche come mezzi di informazione. Il bombardamento è costante e quindi anche il rischio di influenzare l’opinione pubblica, non sempre per il meglio.
Quale è, in breve, la storia della infowar?
È davvero difficile rispondere a questa domanda in modo sintetico. In estrema sintesi, possiamo dire che dall’inizio del Terzo Millennio, la Russia ha strutturato una strategia di guerra non lineare, che fa ampio uso del digitale e delle nuove tecnologie, senza dimenticare la tradizione della maskirovka, della disinformazione e della manipolazione dell’opinione pubblica, già attive in epoca sovietica.
Quali sono i principali metodi di manipolazione dell’informazione?
La regola di base è il ribaltamento della realtà, unita al meccanismo di difesa/offesa. La Russia imputa agli altri responsabilità che sono sue. Seguendo questo ragionamento, la guerra in Ucraina è la conseguenza di una provocazione della Nato.
A quali di questi metodi i giovani sono più esposti?
Siamo tutti esposti. I giovani però ormai si informano praticamente solo tramite i media digitali e i social, dove la moltiplicazione delle informazioni è maggiore, quindi devono stare molto attenti alla selezione delle fonti.
Può consigliare ai giovani dei comportamenti o delle app da adottare per difendersi?
Come dicevo, la prima cosa è selezionare le proprie fonti. Diffidare di quelle non ‘certificate’, del bastian contrario di turno e in genere di persone che non hanno una precisa preparazione su un determinato tema.
Oltre al gioco in difesa, i giovani possono rivestire un ruolo proattivo nella lotta alla disinformazione? Se sì, in che modo?
Io credo che il primo passo da compiere, anche se può sembrare banale, sia quello di essere consapevoli del mondo sempre più complesso in cui si vive, in cui non si può più giudicare tutto quello che succede all’estero come qualcosa di lontano, che non ci riguarda.
Quali interventi o quali policies dovrebbe portare avanti lo Stato italiano per creare un ecosistema informativo trasparente?
Direi che si sente urgente l’esigenza di una educazione al digitale e ai social che deve avvenire già dalle scuole.
Ringraziamo Marta Ottaviani per la sua disponibilità e la sua chiarezza e, a tutti i lettori, mi raccomando: facciamo tesoro di questi consigli!