È il 1350, sono passati quasi trent’anni dalla morte di Dante, e la città di Firenze decide di dare il perdono postumo al Sommo Poeta. Giovanni Boccaccio viene incaricato dai capitani della compagnia di Or San Michele di portare dieci fiorini d’oro alla figlia di Dante, Suor Beatrice, a Ravenna. La narrazione si muove su due piani temporali: Boccaccio che parte per Ravenna e il racconto degli episodi principali della vita di Dante, che costituiscono un grande flash-back che tocca i punti nevralgici della sua produzione poetica.
Ecco il nuovo film di Pupi Avati con Sergio Castellitto: un elogio diverso al Sommo Poeta, che non manca di completezza e ricerca del dettaglio.
Boccaccio, interpretato da Castellitto, è sopravvissuto alla peste del ’48 e compie questo pellegrinaggio con non poche difficoltà. Spesso pensa alla figlia Violante – che morì poco tempo dopo – e talvolta il lungo viaggio diventa insostenibile, un po’ a causa dei postumi della malattia e un po’ a causa dei potenziali pericoli.
Il racconto di Boccaccio inizia con l’infanzia di Dante, e un momento fondamentale è l’incontro con Beatrice all’età di 9 anni. Nella Vita Nuova si legge:
[…] Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia […]
E nel film c’è tutto: la lettura di questo passo, lei vestita di rosso e lui che se ne innamora.
La ricerca dei dettagli
Successivamente si passa al secondo incontro, quando Dante (interpretato da Alessandro Sperduti) e Beatrice (interpretata da Carlotta Gamba) hanno circa 18 anni, e qui arriva un momento cruciale nella pellicola: una parte del sogno che il poeta ha dopo l’incontro. Dante vede Amore che tiene fra le braccia la sua amata ed essa strappa e divora il cuore del poeta, seguendo un topos letterario tipico della poesia cortese medievale. Insomma, la scena – meravigliosa – in cui Daenerys divora un cuore di cavallo, non è poi così originale.
Vediamo Beatrice ricoperta da un drappo rosso che strappa con i denti pezzi del cuore e Dante che si agita. La scena viene così descritta nella Vita Nuova:
[…] E ne l’una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole: “Vide cor tuum” […].
Il dettaglio del drappo rosso e della conseguente nudità di Beatrice non è un elemento che Avati dimentica di mettere; infatti, nella vita del poeta questo passaggio non è casuale, perché quell’amore che provava per la giovane era passionale, il che rende Dante più umano di quanto di solito lo si descriva. Anzi, sarà proprio questo il motivo per cui scriverà la Commedia. Dante, in preda a un amore che sottomette la ragion al talento capisce di aver preso la strada della perdizione e cerca la retta via tramite la composizione della sua opera più celebre.
La pellicola, infatti, strizza l’occhio a chi conosce nel dettaglio le opere del poeta e non manca di dettagli crudi, come la battaglia di Campaldino: Dante, ventiquattrenne, partecipa alla guerra contro gli aretini e non manca di confessare la paura che prova e la esprime in quel verso del V canto del Purgatorio, mentre parla con Buonconte da Montefeltro – morto a Campaldino –: “Ebbi temenza molta”, cioè “ebbi molta paura”.
Mentre Boccaccio racconta gli altri episodi salienti come la morte di Beatrice e l’esilio e la morte di Cavalcanti, giunge finalmente a Ravenna e, dopo alcune difficoltà, incontra la figlia di Dante, Suor Beatrice (alias Antonia Alighieri) e le dà i dieci fiorini d’oro.
Fonti e riferimenti
Guardando la pellicola è evidente uno studio approfondito delle opere dantesche. D’altronde, nel corso degli anni Avati aveva già dimostrato la sua professionalità come sceneggiatore, regista e scrittore. Oltretutto, il film su Dante prende ispirazione dal suo libro L’alta fantasia, il viaggio di Boccaccio alla scoperta di Dante.
Il Trattatello in laude di Dante di Boccaccio è l’opera principale attorno alla quale costruisce l’intera vicenda e a cui affianca le opere di Dante. Da intere citazioni di passi della Vita Nuova, Rime e Commedia, ad allusioni (vedi la scena del sogno) vere e proprie.
L’adattamento cinematografico è evidente fin dalla prima scena, insieme a una certa teatralità che accompagna tutti i personaggi; tuttavia, sono entrambi elementi positivi, che né gravano né appesantiscono la durata del film. L’elemento che differisce maggiormente è Beatrice, a cui Avanti ha voluto dare un corpo fisico, perché l’ha resa una persona in carne e ossa. Dalle descrizioni di Dante è difficile riuscire a figurarsela in toto, anche perché l’unico elemento descrittivo è quello degli occhi color smeraldo:
Disser: «Fa che le viste non risparmi;
posto t’avem dinanzi a li smeraldi
ond’Amor già ti trasse le sue armi».
Vale la pena vederlo? Decisamente sì.