IL CASO
Il 19 novembre Andrea Crisanti ha pronunciato parole che hanno dato origine a un acceso dibattito a livello scientifico. Nello specifico, il virologo ha espresso – durante un’intervista a Focus Live – le sue perplessità riguardo il vaccino anti-Covid prodotto dalla Pfizer.
Senza dati, non me lo faccio, perché voglio essere rassicurato che è stato testato e soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia.
Le sue parole hanno sollevato polemiche e discussioni, sia nell’ambiente scientifico sia in quello politico. C’è chi lo accusa di incoscienza in un momento così delicato (Guido Rasi, ex-direttore dell’EMA) e chi sostiene che le sue siano affermazioni infondate (l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco). Infine, vi è chi si dice, al contrario, prontissimo alla vaccinazione (tra i tanti, Pierluigi Lopalco, Antonella Viola, Francesco Vaia e Franco Locatelli).

Crisanti, a suo dire, intendeva semplicemente sottolineare che prima di affidarsi a un vaccino si devono prendere in considerazione tutti i risultati e i dati frutto delle lunghe fasi di sperimentazione. Il giorno seguente ha infatti spiegato: «ho affermato che non lo avrei fatto [il vaccino] fino a che i dati di efficacia e sicurezza non fossero stati messi a disposizione sia della comunità scientifica sia delle autorità che ne regolano la distribuzione».
Insomma, la sua non voleva essere un’argomentazione No-Vax, ma un semplice monito di prudenza. Si tratta di una sospensione del giudizio fino a che una pubblicazione scientifica non garantisca la validità del vaccino.
Del resto, l’incedere della scienza richiede tempo, quando la politica o la storia ne forzano i tempi le cose non funzionano più.
DIPENDENTI DAGLI ESPERTI
Mai come prima della pandemia di Covid-19 ci eravamo sentiti così vulnerabili, e mai come prima abbiamo cercato riparo tra le braccia della scienza. Se all’inizio della prima ondata la fiducia negli scienziati era pressoché unanime, questa ha però cominciato a scemare con il passare dei mesi. Oggi è probabilmente a livelli minimi, favorita da una rabbia sociale che annebbia la vista e induce a pensare all’inganno da parte della medicina ai danni dei cittadini. È plausibile che ad alimentare questa sfiducia siano state anche le visioni contrastanti di virologi e immunologi riguardo a un tema – quello del SARS-CoV-2 – che è ancora poco conosciuto ed è studiato da meno di un anno. Interviste e affermazioni dai contenuti contraddittori hanno creato confusione e incertezza nei cittadini, che proprio in quelle figure avevano voluto riporre le loro speranze a marzo.
Forse sta proprio qui l’errore macroscopico della nostra società. Si tratta del paradosso figlio da un lato di un’assoluta dipendenza dagli esperti – disinteressarsi della scienza, lasciando che se la sbrighino loro – e dall’altro di un’inevitabile tendenza a voler intervenire e riprendere il controllo. È poco costruttivo scegliere di fidarsi della scienza e poi criticarla non appena i risultati non sono immediati o conformi alle nostre aspettative. Se poi sono gli stessi virologi e immunologi a farsi guerra fra loro, le cose peggiorano ulteriormente, rafforzando le convinzioni di quel variegato gruppo di individui che da mesi critica qualsiasi azione del CTS e degli esperti.
Il vero problema non è la scienza in sé, ma le risposte che la scienza deve dare nella pratica e nel suo rapporto con la società. Per questo motivo è importante capire la vera natura della scienza e il suo funzionamento. Altrimenti continueremo a indispettirci ogniqualvolta le cose non andranno esattamente come avremmo voluto.
LA SCIENZA
La scienza si occupa di spiegazione e previsione, tentando di comprendere, spiegare e fare previsioni sul mondo. Tratto distintivo della scienza è il metodo, perché la qualità della conoscenza dipende dal modo in cui vi si è giunti.
La scienza è intrinsecamente instabile e incerta, perché in ambito scientifico non si rifiuta nulla a priori, per quanto possa apparire implausibile. L’antidogmatismo è un atteggiamento tipico della scienza, che si accompagna alla sua tipica apertura a cambiare idea.

Non deve quindi sorprendere se nessuna teoria scientifica può definirsi certa e duratura, anzi. Facendo fede agli insegnamenti del filosofo ed epistemologo austriaco Karl Popper, una teoria scientifica non va mai confermata, ma va falsificata dai dati. Questo significa che finché non è confutata, quella teoria perdura. Si badi bene, però, che non è confermata, ma solo corroborata.
Per comprendere meglio l’essenza della scienza, si pensi a un’efficace metafora che impiega Popper in La logica della scoperta scientifica (1934):
La scienza non poggia su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su palafitte
Di conseguenza è più che naturale – addirittura positivo – che gli scienziati dissentano, propongano teorie contrastanti e che la scienza non sia omogenea. Quando gli esperti non discuteranno più, ma vigerà un’unica visione dominante, allora sì, ci sarà da preoccuparsi.