Il femminismo è quel fenomeno che concilia la teoria di pensiero con il movimento organizzato; anche se molto complesso da definire, racchiude in sé svariate diramazioni e correlazioni. Il suo obiettivo è quello di diminuire la discriminazione nata da una scorretta interpretazione della questione di genere che ha protratto per secoli una narrazione univoca alimentando la disparità e contribuendo alla struttura patriarcale di moltissime realtà.
Usi della parola
All’inizio l’approccio al fenomeno è stato delicato e controverso. La parola femminismo veniva pronunciata e di colpo a un uomo sembrava impossibile immaginare una vita in cui lui non dovesse soccombere. Nella verità la lotta maschi contro femmine non ha nulla a che vedere né con gli obiettivi né con le caratteristiche del movimento femminista, che fin dalle sue prime battute, lotta per il riconoscimento della parità dei diritti. Parità che significa tutti inclusi, ma che qualcuno ha erroneamente interpretato con “se entriamo noi vuol dire che voi siete esclusi.”
La quarta generazione
Oggi, per fortuna, la discussione intorno alle questioni di genere è più aperta e consapevole e secondo gli studiosi del fenomeno siamo arrivati alla quarta generazione. Ma cosa vuol dire?
La quarta generazione non è altro che la versione contemporanea di femminismo, quella che fa di internet e del web il proprio habitat e mezzo di divulgazione per eccellenza. La tecnologia è l’elemento chiave e lo strumento che permette di creare una forte e potente rete di audience e condivisione, in una vera e propria piazza virtuale. Internet, amplificatore di ogni fenomeno sociale, riesce ad arrivare a un largo pubblico con semplicità di toni e di mezzi, sarebbe d’altronde anacronistico per il giorno d’oggi pensare di rimanerne al di fuori. In un articolo del Guardian Kira Cochrane, giornalista tra le prime promotrici della “fourth wave”, afferma che seguire e divulgare i contenuti online di un profilo social a tema femminista non è la stessa cosa che fare parte di un movimento o partito politico. Ma sicuramente al giorno d’oggi l’engagement social e il numero di followers sono dei criteri determinanti per sancire la diffusione di una questione.
Nel 2017, il movimento #metoo per la denuncia di abusi sessuali a danno di attrici e personaggi dello spettacolo ne è un esempio. È partito e si è sviluppato proprio grazie ad una campagna social, grazie all’hashtag.
La sfida di questo quarto femminismo combattuto sul web è anche quella di disinnescare e destrutturare dei meccanismi che partendo da dinamiche radicate nella società hanno poi il loro risvolto nello stesso strumento digitale. Secondo il barometro di Amnesty International, che misura l’odio online, il cosiddetto “hate speech”, le donne sono 3 volte più esposte a commenti negativi e insulti in rete. Soprattutto se gli argomenti di cui si parla sono le tematiche di genere.
Libertà sessuale e consenso
Un altro ambito in comune con la questione di genere collaterale riguarda la libertà sessuale, la sex positivity, che cerca di incentivare un approccio positivo e rispettoso alla sessualità libera da coercizioni, tabù e discriminazione. Questo dibattito è fondamentale anche per il tema del consenso, importante contro la dinamica della cultura dello stupro, del victim blaiming e dei reati digitali di revenge porn e cybersex. Inoltre permette una prospera riflessione sull’uso del proprio corpo come atto politico, che adesso avviene online.
Sono molte le influencers e attiviste a farlo, sfidando la censura delle piattaforme e dei social per quanto riguarda la nudità, la quale viene censurata maggiormente se è femminile.
Questa quarta ondata è figlia delle precedenti generazioni, delle conquiste delle suffragette in termini di diritto di voto, delle rivendicazioni per la parità salariale, il diritto al divorzio e la legalizzazione dell’aborto.
Nel tempo evolvono le esigenze e le modalità attraverso cui si combatte per ottenere certi diritti ma non il moto che spinge verso l’ottenimento di essi.
Come riflette ancora Kira nell’articolo, l’elemento generazionale si percepisce anche nei confronti delle protagoniste di questa quarta ondata. Donne e ragazze che fin dalla giovane età sono state educate e vicine a temi come il divario di genere e ne hanno maggiore familiarità rispetto alle donne che anni fa, partendo da zero, per la prima volta tentavano di portare dei cambiamenti.
Femminismo intersezionale
Il nuovo femminismo è spontaneo, irriverente, open minded ed ironico. Non tratta solo di una questione di genere ma trascende questa dimensione e arriva ad abbracciare a 360 gradi la realtà per liberarla dai pregiudizi e dai costrutti che si stagliano in una marea di ambiti, in una dimensione intersezionale. “Il femminismo intersezionale” è, infatti, il termine coniato dall’accademica e attivista Kimberlé Williams Crenshaw per identificare il sovrapporsi di varie identità e dinamiche sociali.
Forme diverse di esclusione come il sessismo, il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, la transfobia e molte altre non si presentano più come realtà separate nella vita di tutti i giorni, bensì come elementi interconnessi.
Da questa presa di coscienza e prospettiva il femminismo non è unicamente “la lotta della donna bianca per il suffragio femminile” , ma diventa la battaglia di tutti verso una società più equa ed inclusiva.