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“Il razzismo spiegato a mia figlia” nella Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale

Attualità di un dialogo tra Tahar Ben Jelloun e sua figlia

Il 21 marzo si celebra l’inizio della primavera ma, in antitesi alla magia della rifioritura e del risveglio della natura, si ricorda anche un triste evento occorso in Sudafrica nel 1960 durante l’apartheid, conosciuto come il “Massacro di Sharperville”.
Per far memoria di questo evento, con la Risoluzione 2142 (XXI), l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclama il 21 Marzo “Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale”. Questa data assurge così a simbolo necessario a stimolare un impegno costante per l’eliminazione del razzismo.

L’Italia, come molti altri Paesi, si impegna in questa battaglia e lo dimostra l’istituzione nel 2003, a seguito di una direttiva comunitaria, dell’Unar Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. L’Unar ha il compito di promuovere annualmente iniziative a vario genere per contrastare tale fenomeno e gestire un’attività di supporto concreto alle vittime di discriminazioni.

Sulla scia dell’impegno profuso nella lotta contro i fenomeni di razzismo, si colloca un saggio dal titolo assai eloquente: “Il razzismo spiegato a mia figlia” di Tahar Ben Jelloun, edito Bompiani.

Questo libro è la dimostrazione di come un tentativo di semplificazione formale e linguistica non equivalga, necessariamente, ad un processo di banalizzazione contenutistica. Anzi, in questo saggio la chiarezza espositiva e lo stile sinottico – ma mai superficiale – fanno da padroni, innalzando l’opera a “pietra miliare” nella letteratura destinata ai ragazzi e rendendola fruibile ad un pubblico assai vasto.

Il saggio è stato scritto nel 1997 da Tahar Ben Jelloun, poeta, romanziere e giornalista franco-marocchino, e si presenta come un dialogo vivace tra un padre e una figlia di dieci anni, assai curiosa e straordinariamente sensibile. In esso l’autore affronta il tema delicatissimo del razzismo e della discriminazione, dalla sua genesi alle evoluzioni nella società odierna, francese e non. Tuttavia, Jelloun scrive avendo a mente dei destinatari ben precisi: i bambini e gli adolescenti. Il suo stile è dunque semplice, efficace, paratattico; si adegua perfettamente ai suoi ipotetici lettori, come se Jelloun avesse sempre a mente la poesia “Quando ridiventerò bambino” del pedagogo e scrittore Janusz Korczack. Egli attua quella che, in psicologia, Stern definisce “sintonizzazione affettiva”.

Il saggio presenta una prefazione che fa luce sul razzismo come fenomeno intrinseco nella natura umana. In esso l’autore manifesta, altresì, il suo scetticismo circa la possibilità di porre in atto un reale cambiamento attraverso un libro con il quale intende contribuire alla creazione di una maggiore consapevolezza e coscienza sociale. I più piccoli, ancora svincolati da pregiudizi, possono essere facilmente condotti verso comportamenti socialmente virtuosi.

Si apre poi il dialogo tra padre e figlia, vero fulcro del saggio: schietto, sincero, a tratti disarmante.
“-Dimmi babbo, cos’è il razzismo?
-Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare, ahimè, banale. Esso consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre”.

Il dialogo ha ritmo, è ricco di esempi tratti dalla quotidianità e si sofferma adeguatamente su alcuni eventi storici. Questa struttura narrativa rende la lettura veloce e, al tempo stesso, coinvolgente e mai noiosa.
Pagina dopo pagina, ci si accorge che il contenuto è di estrema attualità. Questo dimostra che, per quanto dei cambiamenti nel corso degli ultimi decenni siano stati attuati, i passi in avanti da compiere siano ancora molti.

Libro consigliato? Assolutamente sì. Questo saggio lascia ai lettori, piccini e adulti, una preziosa lezione di vita, regalando pillole di civiltà. Andrebbe letto tra i banchi di scuola dagli insegnanti, a casa dai genitori, negli oratori. Insomma, in tutte quelle “agenzie educative” dove prende forma l’educazione e la formazione dei giovani.

Nella conclusione de “Il razzismo spiegato a mia figlia”, Jelloun afferma che: “La lotta contro il razzismo deve essere un riflesso quotidiano. Non bisogna mai abbassare la guardia. […] La lotta contro il razzismo comincia con un lavoro sul linguaggio. Questa lotta d’altra parte richiede volontà, perseveranza, immaginazione”.

Che le sue parole giungano forti come un monito, il 21 Marzo e non solo!