Il diritto d’esser brutti
Secondo The Intercept, TikTok ha obbligato i propri moderatori a censurare gli utenti brutti, poveri e disabili.
La popolarità di TikTok, app cinese di video-sharing, è esplosa nel 2019 e conta oggi milioni di giovani utenti nel mondo. I Moderatori dell’app, però, avevano precise direttive di nascondere post dalla sezione “Per te” (che compare in homepage) qualora fossero creati da utenti troppo brutti, poveri e disabili.
E così, si censuravano video raffiguranti sobborghi cittadini, persone con troppe rughe, grasse o fisicamente deformi, crepe nel muro, decorazioni “sconvenienti” e vecchie e ideologie “disonorevoli”. L’azienda mirava a questo tipo di censura per attrarre nuovi clienti.
Era tassativa anche la censura di tipo politico pena il ban permanente. Nelle livestream bisognava evitare ogni post volto ad offendere “l’onore e gli interessi nazionali” oppure discorsi su polizia, esercito, leader politici e religiosi o l’abbruttimento della storia del Paese citando episodi come quello di piazza Tiananmen. Questa misura sembra anche più grave della punizione per razzismo e discriminazione per i quali si guadagnava la sospensione dall’app per un mese.
Questi tipi di censura cozzano totalmente con la mission di TikTok, ovvero “ispirare creatività e portare felicità”.
Josh Gartner, portavoce di TikTok, ha dichiarato che molte di queste policy non vengono più applicate o non sono mai state utilizzate. Secondo alcune fonti, però, il documento che contiene tutte le policy sarebbe stato creato nel 2019 e usato fino alla fine dell’anno stesso.
TikTok avrebbe anche svolto campagne di sensibilizzazione con influencers e content creators per ridurre il rischio di post non adatti alle policy. Ciò avveniva tramite videoconferenze in cui si spiegavano anche in anticipo le eventuali nuove regole di condotta della app.
Il quartier generale è collocato a Beijing. Da qui sembrano provenire le regole di censura che si applicano anche in altri Stati.

Una storia già sentita
Già nel 2019 TikTok fece scandalo per policy simili che censuravano utenti LGBT+, grassi e/o disabili. La spiegazione per la censura consisteva nel proteggere gli utenti più “vulnerabili” al cyberbullismo per via della loro condizione fisica o mentale. Per questo motivo i video caricati da tali soggetti si potevano visualizzare solo dal Paese in cui erano stati caricati. Se i video avessero superato poi un certo numero di views, sarebbero scomparsi dal feed “Per Te”.
In questo documento messo a disposizione da Netzpolitik si trovano le altre policy: Live-Policy
#BeachGirl e gli account secondari
Oltre alle censure, TikTok avrebbe anche riempito i propri feed tramite account secondari dei propri dipendenti che postavano nell’app come user normali. In sostanza, i dipendenti “in incognito” scaricavano da Instagram i video più popolari e li repostavano su TikTok. Ad esempio, erano incoraggiati a cercare post con tag come #BeachGirl. Questo è un altro conflitto con le policy dell’app che tende a sospendere gli account che mostrino bikini e costumi da bagno se non sono indossati al mare o in piscina. Lo scopo del repostare video di Instagram già popolari permette a TikTok di incrementare gli utenti e l’utilizzo della stessa.
TikTok vietata ai dipendenti pubblici?
Gli Stati Uniti vorrebbero proibire ai dipendenti federali l’utilizzo di TikTok con una legge apposita. La app, già vietata ai militari statunitensi, è considerata una minaccia per i propri dati che vengono poi trasmessi al governo cinese, secondo il senatore Josh Hawley. L’azienda ha firmato infatti degli accordi col governo che la obbligano a depositare i dati degli utenti in un database consultabile dai leader politici cinesi.
TikTok ha però risposto che i database dei server americani non vengono condivisi col governo cinese.
Il ruolo delle app
TikTok, Facebook, Instagram, Twitter… Sono piattaforme nate per svago, dove trascorriamo ore e ore del nostro tempo, ma sembrano aver cambiato profondamente la società, la comunicazione e in certi casi anche il nostro approccio alla politica. Sono realtà permeate nella nostra vita quotidiana e rischiano di farlo sempre di più.
Da quando un’app “di svago” ha la facoltà di etichettare e decidere quante rughe abbiamo, quanto siamo grassi, brutti e quante crepe abbiamo nel muro? Perché solo alcuni tipi di persone possono “svagarsi” e altre vengono ghettizzate nell’invisibilità?
In quale momento abbiamo stabilito che una crepa nel muro sia più vergognosa di censurare la libertà politica e ghettizzare le diversità esteriori?
Non è neppure l’unico esempio. Pensiamo a Facebook e alle sue opzioni sulla morte di un utente. “Per rimuovere l’account di una persona deceduta da Facebook”, si legge sull’omonima app, serve un documento che attesti il legame di sangue fra chi fa richiesta di rimozione e la persona deceduta. “Il modo più veloce per processare la richiesta è che tu ci mandi la scan del certificato di morte del tuo caro”. Facebook offre inoltre la possibilità di rendere l’account commemorativo. Tali tipi di account conservano tutti i dati del defunto e li rendono pubblici e condivisibili, ma nessuno può fare log in.
Ancora una volta: da quando una app di svago decide quanto siamo brutti o richiede un certificato di morte?