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La crescita cinese spiegata facile

Perché l'economia del colosso asiatico non rallenta nonostante tutto?

Recentemente l’OCSE ha rivisto al ribasso le stime di crescita dei paesi più industrializzati d’Occidente, includendole in un range che va dal -10% al -5%. Come se già questo di per sé non rappresentasse un problema, si aggiunge il fatto che l’economia cinese, pur ridimensionata, continuerà a crescere. Pare che la corsa alla supremazia economica del colosso asiatico sia inarrestabile. Cosa permette alla Cina questa resilienza alla crisi e una costante crescita è un intreccio di fattori non sempre intuitivi.

Il disgelo con l’occidente

Dal 1980 Pechino ha aperto il proprio paese all’Occidente e ai paesi più industrializzati, instaurando dialoghi solidi anche con gli USA. Al tempo tutti vedevano gli accordi, che erano soprattutto commerciali, come un accordo win-win. Il paese asiatico si sarebbe finalmente potuto industrializzare mentre gli USA avrebbero potuto disporre di manodopera a basso costo per la produzione di enormi quantitativi di beni. Questi sarebbero stati necessari per alimentare il consumismo e a sua volta il sistema capitalistico-liberale su cui si puntava da una decina d’anni (ricordiamo la svolta da un sistema fordista-keynesiano ad un sistema liberista-globalizzato che avviene a seguito della crisi petrolifera degli anni ’70 e con la elezione di Donald Regan alla Casa Bianca).

Da quel momento, però, l’Occidente ha visto una lenta diminuzione del proprio tasso di crescita mentre la Cina non ha mai smesso di aumentarlo, specialmente dopo la crisi mondiale finanziaria del 2008.

I motivi della costante crescita cinese hanno attirato di nuovo l’attenzione nel 2016 durante la campagna elettorale del presidente americano Trump.

I vantaggi cinesi

Uno dei cavalli di battaglia della campagna del candidato repubblicano è stata infatti una lotta commerciale alla Cina. La tesi a supporto della necessità di questa guerra era che le aziende cinesi avessero da tempo “giocato sporco”. In effetti, le affermazioni non sono infondate in quanto la Cina e le aziende della suddetta godono di importanti vantaggi competitivi rispetto a quelle occidentali.

Alcuni di questi sono leciti e dovuti semplicemente alla vastità del territorio, ad esempio il numero elevato di manodopera o la disponibilità di risorse naturali, altre sono artificiosi ed a tutti gli effetti discutibili. Tra queste: manodopera sottopagata, contributi statali ingenti, contratti di locazione gratuiti e furto di capitale intellettuale alle aziende occidentali. Il mix di tutti questi vantaggi competitivi, legati ad altri molto più tecnici, ha permesso ai prodotti di cinesi di essere molto più competitivi sui mercati mondiali rispetto ai beni europei e americani.

L’esempio Huawei

Un esempio lampante sono le infrastrutture tecnologiche. Un trend che caratterizzerà il futuro è infatti la digitalizzazione dei processi produttivi insieme alla digitalizzazione e automazione dei dispositivi con cui veniamo a contatto quotidianamente. La tecnologia in questione è detta Internet of Things e premettere di mettere in collegamento una molteplicità di dispositivi e controllarli da remoto tramite smartphone. Può essere implementato nel contesto domestico, ad esempio, per il controllo degli elettrodomestici oppure in campo industriale per il controllo dei macchinari.

Huawei, colosso cinese, offre queste tecnologie a prezzi vantaggiosissimi ed è per questo che parecchie aziende americane e europee hanno optato per la prima, fatto che spaventa non poco le dirigenze occidentali in quanto si ritrovano con infrastrutture tecnologiche di una nazione avversaria in territorio nazionale. Di queste infrastrutture tecnologiche fanno parte ad esempio le reti ed i ripetitori 5G. Un sistema basato sulla trasmissione dati richiede infatti strutture potenziate. L’impresa cinese è però finita sotto accusa dopo che sono emersi dubbi sulla sicurezza. Pur non avendo nessuna prova di una partecipazione del governo cinese all’interno di Huawei, è però noto che ogni azienda del paese debba garantire supporto all’intelligence statale (da Costituzione). Particolare che, lecitamente, ha fatto rimanere restii i leaders occidentali all’apertura incontrollata alle infrastrutture dell’azienda in questione.

La Via della seta

Parallelamente a quanto descritto fino ad ora, un ulteriore fattore del consolidamento della potenza economica cinese è la costruzione di due vie commerciali per collegare Europa, Medio Oriente, Asia e Oceania. I progetti sono la Via della seta e la Via della seta marittima. La prima è un complesso di opere infrastrutturale via terra per collegare Europa e Asia (Cina), mentre la seconda è una strategia simile, ma via mare e collega Medio Oriente, Cina e Oceania principalmente.

La strategia è molto semplice. Il governo cinese investe su infrastrutture imponenti in paesi poverissimi o iper-corrotti, presta loro denaro per finanziare i cantieri di queste infrastrutture strategiche alla composizione della via commerciale. La situazione debole dei paesi a cui viene elargito il finanziamento non permette loro di ripagare i debiti e si vedono costretti a cedere la gestione dell’opera infrastrutturale ad aziende o funzionari cinesi. Ecco quindi come si viene a creare una catena di porti o stazioni ferroviari controllate dallo Stato cinese nei paesi esteri permettendo il controllo dei commerci.

La necessità di rimanere competitivi

Quanto detto finora non deve però essere preso con totale negatività. La crescita di cui si è parlato fino ad ora è una crescita nominale. In quanto a PIL pro-capite, la Cina ha ancora molto da recuperare. La crescita è comunque facilitata da una posizione di partenza veramente bassa. Inoltre, il mercato cinese è comunque un mercato importante grazie al quale molte delle aziende occidentale, molte italiane, sopravvivono, soprattutto nel settore del lusso.

La Cina ha inoltre permesso lo sviluppo infrastrutturale di alcune linee strategiche e spesso investe pesantemente in Europa permettendo la creazione di posti di lavoro. Il problema che sorge è però il continuo indebolimento dell’occidente nei confronti del mega Stato asiatico che si afferma sempre più come potenza mondiale. I sentimenti protezionistici di USA e degli Stati nazionali europei non fanno altro che peggiorare la situazione. Inevitabilmente l’unico modo per tenere testa al colosso nascente sarà l’unione e la coesione degli Stati occidentali.