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La cugina Bette: amori per vendetta

Nella Parigi borghese dell’epoca di Luigi Filippo, città dove si fronteggiano quotidianamente lusso sfrenato e miseria nera, Lisbeth Fischer, zitella brutta e sfortunata di origine contadina, ritiene di potersi realizzare solamente distruggendo la famiglia della bella cugina Adeline, alla cui bellezza è stata sacrificata fin dall’infanzia. Sfruttando abilmente le “debolezze” del barone Hulot, marito della cugina e dedito, benché non più giovane, al più dissoluto libertinaggio, ella, in un complicato intreccio di intrighi, amanti, ex amanti e personaggi onesti che inconsciamente sono suo strumento, sembra alla fine ottenere il suo scopo, tanto da arrivare anche a un passo dal matrimonio con un Maresciallo di Francia fratello del barone. Ma quando tutto volge al meglio per Bette, ella rimane vittima del suo stesso odio.

Il romanzo, il contesto e la realtà

Il romanzo, caratterizzato da un crudo realismo, è, secondo molti critici, “la riproposizione in chiave moderna del mito di Caino e Abele”, ma anche un esplicito richiamo al risentimento dei “parenti poveri” (Bette è una modesta operaia specializzata) nei confronti dei familiari appartenenti alla borghesia agiata che li hanno sempre considerati con sufficienza.

Il contesto in cui si situa la vicenda è Parigi, che Balzac rappresenta come un complesso carnaio umano dominato da ataviche pulsioni, violente passioni, arrivismo e istinto di sopraffazione.  Qui ragazzine povere e inesperte, intraprendono la strada del vizio a causa di nobili in decadenza o ricchi commercianti (Balzac non tralascia il topos del parvenu), divenendo poi dispendiose e corteggiate mantenute, che all’occorrenza si liberano dell’amante di turno per uno più ricco.

La realtà è rappresentata come un continuo e illogico andirivieni di uomini e donne, in cui emerge solo la forza distruttrice delle pulsioni inseguite fino all’eccesso.

È curioso come, a mio avviso, non esista nel racconto un protagonista che sia completamente positivo: non lo sono certamente il barone e Lisbeth, tantomeno i due figli del barone, dei quali una sottrae l’innamorato a Bette e l’altro risolve drasticamente il problema della pericolosa amante del padre; ma non lo è nemmeno la virtuosa Adeline, cui Balzac rimprovera un malinteso concetto di virtù che non ha saputo frenare le perversioni del marito. Le uniche parole di assoluto rispetto e stima sono riservate al secondario personaggio del maresciallo Hulot, eroe di guerra e onorabile galantuomo, e verso la fine a due ministri della Chiesa, un sacerdote e una religiosa, di cui Balzac loda la zelante carità.

Denaro, il vero protagonista

Su tutti i personaggi e per tutto il corso della vicenda troneggia in maniera quasi ossessiva il tema del denaro. È il desiderio del denaro facile che anima le avide amanti del barone, è attraverso il denaro che i parvenu esibiscono la nuova posizione in società, è per il denaro che tanti personaggi arrivano a concepire i disegni più scellerati e a compiere le peggiori bassezze.

Nonostante le relazioni occupino innegabilmente un posto centrale nel romanzo, si nota che il vero amore è ben poco presente, perché anche i sentimenti sono quasi sempre governati dal calcolo e dall’avidità di denaro. Unico caso contrario a questa logica è quello del barone Hulot, che sacrifica rendite, stipendio e patrimonio a una ridicola e folle passione che comunque è ben lontana dal potersi considerare vero amore.

Scritto nel 1846, La cousine Bette, è uno dei capolavori della Comédie humaine, l’opera che conferì a Balzac il titolo di maestro del romanzo realista francese del XIX secolo.

Da questo romanzo è tratto l’omonimo film del 1998 di Des McAnuff con Jessica Lange e Kelly MacDonald.