“L’estate sta finendo”, cantavano i Righeira nel 1985. Quest’anno verrebbe quasi da rispondere con un sentito “Meno male”.
Ricorderemo i mesi estivi che stanno per volgere al termine come i più caldi di sempre (luglio in particolare) e per la spaventosa estensione e intensità raggiunta dagli incendi.
La situazione in Amazzonia ha attirato, a un anno dall’inizio degli scioperi di Greta Thumberg, l’attenzione dei media e della politica sulla crisi climatica tanto che il G7 di Biarritz ha deciso di affrontarla.
E forse poco importa che Trump abbia evitato di partecipare proprio alla discussione sul clima con gli altri leader. Oppure, che la crisi diplomatica tra Francia e Brasile sia scaduta nel grottesco, chiamando in causa la maggiore o minore avvenenza delle due first lady.
La prima grande vittoria di questa lotta comune è che si stia cominciando a parlarne davvero, creando una sempre maggiore consapevolezza collettiva.
Altro tema caldo di questa estate è stato sicuramente quello legato alla questione delle navi ong.
Il motivo per il quale queste ultime siano ormai state stigmatizzate come il male assoluto di questo mondo sinceramente ancora mi sfugge. O meglio, non mi è ignoto, ma umanamente non sussiste.
La stagione si era aperta a giugno con la Sea Watch 3 guidata da Carola Rackete e si è conclusa, idealmente, con la Open Arms.
Limitatamente al primo caso, il sessismo si è sprecato nei confronti della “zecca tedesca”. Siamo passati dal bigotto e infantile “Non porta il reggiseno”, al grave e pericoloso “Spero che ti violentino sti ne*ri”. Più in generale, il comune denominatore di ogni storia umana che questa estate ha atteso in mare è stato scontrarsi con una politica italiana a sua volta alla deriva.
Tour estivi, beach party, dj set al Papeete che avremmo preferito rimanessero appannaggio di Jovanotti. Un movimento pentastellato diventato la versione 2.0 di Rischiatutto con tanto di raddoppio finale. Improvvise quanto improbabili risurrezioni a sinistra e lavate di capo in Senato. Insomma, ammetto di aver seguito questa crisi di governo con meno entusiasmo del calciomercato.
Ho avuto molta più soddisfazione nel vedere Balotelli tornare nella sua Brescia, Ribéry approdare alla Fiorentina con Boateng, De Rossi volare dall’altra parte del globo per far sognare i tifosi del Boca alla Bombonera. Così come assistere allo sfiorato accordo della Juventus con il Manchester United per lo scambio Dybala-Lukaku che è, invece, poi arrivato all’Inter sottraendo la maglia numero 9 a Icardi (vero caso di questa estate complice anche la moglie e manager, Wanda Nara) è stato più appassionante dello stare a guardare i soliti noti farsi prendere dal panico per una crisi agostana. E risolverla come sappiamo.
Agosto, volenti o nolenti, è anche il mese dei bilanci e delle considerazioni, forse anche più della fine dell’anno stessa per alcuni.
È ormai trascorso un anno dal crollo del Ponte Morandi, tre dal sisma che ha colpito l’Italia centrale. In un’estate italiana così frenetica e polemica, proiettata totalmente verso l’incertezza, c’è chi non ha dimenticato e ancora attende una risposta.
Potremmo continuare menzionando gli scontri che proseguono a Hong Kong da tre mesi, citare i volti celebri che ci hanno lasciato, da Franco Zeffirelli a Nadia Toffa. Sappiamo che ricordare ogni cosa è impossibile.
Probabilmente ricorderemo questa estate come una delle più folli della nostra vita. Non tanto per quello che abbiamo fatto (magari anche per quello), ma per la miriade di assurdità a cui abbiamo assistito.
Per questo vi chiederei di confermare l’unica certezza che io possieda dell’estate: l’intramontabile servizio di Studio Aperto su caldo, anziani e bambini c’è stato, vero? Altrimenti per me non è stata una vera estate italiana.