Officina Magazine
Magazine online d'attualità e opinioni

La prima volta fu rivolta: Moti di Stonewall e Pride Month spiegati facilmente

Più di cinquant’anni di orgoglio LGBTQIA+

Ormai da svariati decenni giugno è il mese del Pride, mese di colorati festeggiamenti per celebrare gli obiettivi raggiunti e per rivendicare ulteriormente i diritti non ancora acquisiti dalla comunità LGBT+. È il mese dell’orgoglio e dell’amore in tutte le sue forme, culminante nei celebri cortei arcobaleno che invadono le città di tutto il mondo. Quest’anno, per ovvi motivi, i Pride non si sono potuti svolgere nella loro solita forma, ma non per questo lo spirito che li anima da più di cinquant’anni è venuto meno.

Qual è la storia dietro una delle celebrazioni più colorate e inclusive dell’anno e perché si svolge proprio a giugno? Scopriamolo insieme.

Alle origini del Pride

Tutto ebbe inizio negli Stati Uniti dove, nel corso degli anni ’60, l’omosessualità era ancora considerata illegale in 49 Stati. Come reazione alla situazione, nacquero le prime associazioni di protesta e i primi bar gay, luoghi in cui la comunità potesse sentirsi al sicuro e libera di esprimere sé stessa.

Fino al 1966, solo tre anni prima dei fatti legati alla nascita del Pride, i locali non potevano vendere alcolici agli omosessuali per “questioni di ordine pubblico”: il termine utilizzato in lingua inglese, “disorderly”, suggerisce il diffuso giudizio negativo nei confronti della comunità omosessuale, accusata di atteggiamenti violenti e pericolosi. Quando la legge fu eliminata, anche la comunità LGBT+ poté frequentare i locali a patto che non esprimesse il proprio orientamento sessuale in modo esplicito. Per questa ragione e per la maggiore libertà di espressione concessa al loro interno, i bar gay divennero i locali più frequentati dalla comunità, ma allo stesso tempo suscitarono l’interesse della mafia che vide in essi la possibilità di un facile guadagno alle spalle di persone fortemente discriminate.

Molti bar gay di New York aprirono a Greenwich Village sotto forma di “bottle club”, vale a dire locali privati che non avevano bisogno della licenza per vendere alcolici perché gli avventori in teoria dovevano portare loro da bere, e Christopher Street in breve tempo divenne la strada di riferimento per la comunità. Tra tutti i locali del quartiere il più famoso e frequentato era lo Stonewall Inn, molto amato perché si poteva anche ballare.

Qui, come in tutti i locali della zona, non erano rare le irruzioni da parte della polizia che però, a causa dei taciti accordi tra poliziotti corrotti e famiglie mafiose, si limitava molto spesso a brevi controlli a inizio serata concordati prima con i proprietari.

I Moti di Stonewall

La notte del 28 giugno 1969 sembrava una serata come tante altre allo Stonewall Inn, ma era da poco passata l’una quando i poliziotti fecero irruzione nel locale. Gli agenti richiesero la licenza per gli alcolici e arrestarono 13 persone tra dipendenti e clienti. Gli arresti erano “legittimati” dal fatto che veniva ancora messo in pratica il divieto di vendere alcolici agli omosessuali anche se era stato di fatto abolito nel 1966 e che, secondo una legge di New York, chi indossava meno di tre elementi “appropriati al proprio genere” poteva essere arrestato.

Anche se la comunità LGBT+ non era nuova a subire discriminazioni da parte delle forze dell’ordine, la violenza inedita di quella notte portò i presenti a reagire dopo anni di silenzio: ancora oggi non si sa con esattezza quale gesto in particolare scatenò la ribellione.

La versione più celebre del racconto di quella notte afferma che Sylvia Rivera, donna transgender che insieme all’amica drag queen Marsha P. Johnson sarebbe diventata uno dei volti più noti del movimento di liberazione omosessuale, lanciò una bottiglia contro uno dei poliziotti. Alcuni addirittura raccontarono che l’oggetto in questione non fu una bottiglia, ma un tacco a spillo, forse per rendere la storia ancora più iconica e spettacolare, in perfetto stile drag.

Dopo quanto accaduto nella notte del 28 giugno 1969, gli scontri tra polizia e membri della comunità continuarono a intermittenza per altri quattro giorni al grido di “Gay Power” e “We are everywhere”.

Da Stonewall ai giorni nostri

In seguito a questa prima vera e propria reazione da parte del mondo LGBT+ alle discriminazioni subite per anni, presero forma le prime associazioni per la difesa dei diritti degli omosessuali e l’attivismo cominciò a diffondersi sempre di più. Quanto accaduto quella notte allo Stonewall Inn viene oggi considerato come il primo atto del moderno movimento di liberazione omosessuale.

Un anno dopo, il 28 giugno 1970, a New York fu organizzata una marcia a Central Park per ricordare quanto accaduto l’anno precedente: quell’evento fu intitolato Christopher Street Liberation Day dal nome della celebre strada di locali gay in Greenwich Village ed oggi è considerato come il primo Pride della storia. Fu in quell’occasione che l’attivista Craig Schoonmaker propose di modificare lo slogan “Gay Power” in “Gay Pride” perché, secondo lui, il potere è detenuto da poche persone, ma tutti possono essere orgogliosi di sé stessi.

Sempre quell’anno, si tennero manifestazioni in ricordo dei Moti di Stonewall anche a San Francisco, Los Angeles e Chicago facendolo diventare un appuntamento annuale sempre più diffuso negli Stati Uniti.

Per il Pride di San Francisco del 1978 nacque uno dei simboli più celebri della comunità LGBT+, la bandiera arcobaleno, su suggerimento di Harvey Milk, attivista per i diritti degli omosessuali e primo consigliere comunale apertamente gay della storia statunitense.

In Italia, la prima manifestazione contro la violenza nei confronti degli omosessuali fu organizzata a Pisa il 24 novembre 1979, mentre il primo Pride ufficiale si tenne a Roma il 2 luglio 1994.

Nel 1999 il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton dichiarò giugno il Gay and Lesbian Pride Month, poi rinominato durante la presidenza di Barack Obama nel 2009 Lesbian, Gay, Bisexual and Transgender Pride Month.

La storia ci spiega perché oggi il mese di giugno sia così importante per la comunità LGBT+ e perché ci sia ancora tanto bisogno di manifestazioni come il Pride: onorare la memoria del passato e ricordare chi ha lottato per un presente migliore, il nostro, spesso rischiando o nel peggiore dei casi perdendo la propria vita, celebrare con orgoglio la propria identità e rivendicare il proprio diritto ad esistere esattamente così come si è.

Libertà di espressione e libertà di amare: esiste forse qualcosa più naturale e bello di questo?