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La violenza piace solo ad Hollywood

Non conosciamo la guerra e Hollywood ci ha abituati alla violenza (ma solo a quella che ci piace)

Quando frequentavo ancora le medie un giorno mia madre tornò a casa con un regalo per me. Era una maglietta rossa, brillante. Sopra di essa vi era stampato il contorno dell’Africa, e vi era una scritta: “La fortuna è una questione geografica”.

Chi sta leggendo questo articolo al 99% è qualcuno che può essere definito “privilegiato”. Perché? Per il semplice fatto di vivere in una società civile. Nonostante il sistema politico, sociale ed economico in cui viviamo non sia perfetto e possa essere criticato, la maggior parte delle persone che alberga all’interno dei suoi confini vive in un contesto pacifico, nel quale sono presenti tutti i beni primari per la sopravvivenza di un individuo.

È ormai da anni che si parla di rifugiati politici e di guerra. Ma noi, privilegiati, abbiamo davvero un’idea di che cosa guerra sia?

La vediamo rappresentata sugli schermi. La violenza genera il dramma, fa spettacolo, attira l’audience. È così bella da vedere che a volte gli spettatori si coprono gli occhi: non vogliono vedere il sangue, non vogliono vedere la sofferenza. A loro interessa la storia, la trama. Non conoscono il finale, ma nella finzione il bene vince sempre.

Lo spettatore infatti ha fiducia nell’eroe e sa che in un modo o nell’altro trionferà. Che senso avrebbe Indiana Jones se il protagonista venisse ucciso nel bel mezzo dell’impresa? E se Thor morisse banalmente di fame? Che storia sarebbe? Che cosa rimarrebbe da raccontare?

Forse è proprio questa la ragione per la quale i film di azione hanno successo. In un modo o nell’altro c’è sempre un (lieto) fine che deve soddisfare lo spettatore, altrimenti i registi andrebbero in bancarotta.

Ci sono le eccezioni, come il film “Sulla Mia Pelle”, o la serie “Tredici” – entrambi recentissimi – che raccontano la cruda realtà dei fatti, e proprio per questa ragione lasciano con la sensazione di amaro in bocca e di rabbia. Rappresentano la vera violenza, non fanno esibizione di essa, e permettono allo spettatore di percepire l’ingiustizia. Il loro scopo infatti non è solo quello di intrattenere. Queste opere cinematografiche sono create per lasciare un messaggio allo spettatore. Lo disturbano e lo inquietano. Lo spingono a porsi delle domande, a chiedersi se ciò a cui hanno appena assistito sia o non sia lecito, giusto o morale.

In film invece come “Fast And Furious”, “Mission Impossibie” o ancora “Mr. & Mrs. Smith”, la violenza non spaventa. Essa diventa una normale circostanza che fa da cornice alla trama. Muoiono tante persone e si spara a sangue freddo. I nemici vengono disumanizzati, meritano poco, se non niente. Non dispiace a nessuno se soffrano, anzi forse è proprio lo spettatore stesso che vorrebbe vedere i “cattivi” fare una brutta fine.

Tuttavia sono abbastanza sicura che in un contesto reale nessuno spettatore riuscirebbe a mantenere lo stesso distacco e lo stesso cinismo mostrato davanti alla rappresentazione della violenza sullo schermo. È facile essere coraggiosi con un telecomando in mano, ma se quel telecomando fosse un ordigno pronto ad esplodere nel giro di pochi minuti? Come ci comporteremmo di fronte ad un aggressore o se fossimo presi come ostaggi da dei malintenzionati? Saremmo tutti intrepidi come Tom Cruise? Vorremmo ancora voler assistere o vorremmo scappare?

Hollywood ci ha abituati alla violenza, ma solo a quella che ci piace. Quella che non fa paura, lontana dalla realtà, dove gli eroi vincono sempre. Siamo privilegiati perché della guerra facciamo spettacolo, ma non l’abbiamo mai vissuta. Forse se la conoscessimo veramente sui nostri schermi preferiremmo guardare qualcos’altro. E forse avremmo più empatia verso chi, la violenza, la vive nella quotidianetà.