Anche quest’anno, come da tradizione, il Festival di Sanremo, giunto alla 71° edizione, ha saputo regalare divertimento e leggerezza, tanta musica e momenti di colossale noia. Sempre tra una carrellata pubblicitaria e l’altra.
Potevamo esimerci dal dare i nostri giudizi sui 26 cantanti big in gara? Sì, potevamo. Ma citando il discorso d’apertura di Amadeus e Fiorello della prima serata sanremese, il Festival incarna i valori democratici e ne rappresenta la quintessenza, la loro massima rappresentazione.
Dunque, immergiamoci in questo 71° Festival della Canzone Italiana con allegria!
Aiello (Ora) , voto: 4 e Premio Mister Sanremo 2021
La prima volta che ho visto Aiello in un videoclip pensavo che non fosse un cantante, bensì il classico modello belloccio che viene tirato dentro alla produzione, giusto per attirare di più. Poi, dopo canzoni su finali tragici amorosi, strupro dell’italiano (licenza poetica) e uso di strumenti esotici senza senso, ho capito di che pasta fosse fatto.
È proprio dopo averne fatta conoscenza che mi sarei aspettato di più in questo Festival e invece no, ha deciso di passare velocemente ed entrare nella lista dei meme dell’anno, con quegli urlacci rabbiosi e poco raffinati che tanto mi hanno fatto preoccupare.
Sesso e ibuprofeneeeeeee, dovevi portarci meeeeee.
Annalisa (Dieci), voto: 3 e Premio Miss Sanremo 2021
Dieci è il titolo della canzone e 3 è il voto: a sinistra il nome del brano e a destra il giudizio. È importante ricordarlo.
Arisa (Potevi fare di più), voto: 1
Una canzone vecchissima, Arisa, Arisa che alla fine dell’interpretazione si mette a piangere guardando in camera con la stessa tragicità di un’attrice dell’epoca muta. Tutto estremamente pacchiano. Che noia. Ma non è questa la giustificazione al voto: il motivo che compromette una canzone di per sé soltanto vecchia è l’hi-hat trap che parte nella strumentale nella seconda parte del brano. Un brutto tentativo di rendere moderno un pezzo che non lo è. Pessimo.
Bugo (E invece sì), voto: 5.5
L’inizio è Battisti, il prosieguo è Vasco, il ritornello è Pappalardo. La canzone non è male, soprattutto per le citazioni, ma la sufficienza non la raggiunge per mancanza, da parte di Bugo, della voce.
No, il vestito marrone terribile non ha inficiato sul giudizio. Meglio l’anno scorso con Morgan.
Colapesce e Dimartino (Musica leggerissima), voto: 8.5
La coppia sicula ci riporta col sound indietro nel tempo, ad atmosfere anni Ottanta e a quei saloni tipicamente italiani coi muri color pastello tenui e quel sentore di muffa che si percepisce nell’aria, in una uggiosa domenica di marzo.
Spensierata e malinconica, speranzosa e negativa, la canzone riflette sulla forza che ha la musica leggera, su che cos’è la musica leggera, proprio nel tempio della musica leggera, dando seguito a uno dei temi trattati nell’album dell’anno scorso intitolato I Mortali.
Musica impegnata, canzone come cultura, o mero guilty pleasure personale? Metti un po’ di musica leggera, perché ho voglia di niente.
Coma_Cose (Fiamme negli occhi), voto: 6.5
La coppia più carina del Festival, così come lo sono nella vita. Romantica, leggiadra, serena, la canzone si lascia ascoltare, ricca dei loro soliti giochi di parole. Funzionerà anche in radio.
Ermal Meta (Un milione di cose da dirti), voto: 5
Mercoledì sera alle 23:30 ho pronosticato che Ermal Meta sarà uno dei tre finalisti. Perché? Perché la canzone è una classica canzone sanremese come struttura, parla d’amore e tenta di farlo trovando dei nuovi, ricercati, versi da poter dedicare nelle descrizioni di Instagram al proprio lui o alla propria lei. Mi ci vedo già la gente a scriversi: avrai il mio cuore a sonagli per i tuoi occhi a fanale. Che bruttezza.
Extraliscio ft. Davide Toffolo (Bianca luce nera), voto: 6 e Miglior cover
Una rivisitazione fresca e contemporanea del liscio romagnolo assieme al frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti, bella musica, il theremin e un testo meno convincente.
Nella serata delle cover di giovedì sono stati devastanti: mentre scrivo sto ancora ballando.
Fasma (Parlami), voto: 2
Nella serata di giovedì delle cover il gesto sovversivo e di biasimo dei fonici, tendente a salvare le orecchie degli spettatori, non è stato capito da Amadeus. Peccato, perché peggio della voce autotunata di Fasma c’è solo la voce senza auto-tune di Fasma. Che poi fosse usato bene e sensatamente sto auto-tune…
Francesca Michielin e Fedez (Chiamami per nome), voto: 4
Da Chiamami col tuo nome a Chiamami per nome, io non ci sto capendo più nulla. Belli e simpatici Francesca e Fedez, un po’ meno la canzone così come gli abiti indossati nel corso delle serate.
Francesco Renga (Quando trovo te), voto: 4
Il titolo allude a quella settimana dell’anno in cui, ogni santo anno, ti tocca ricordarti dell’esistenza musicale di Francesco Renga. La strumentale è un potpurri di suoni contemporanei, nella quale svettano per bruttezza le marimbe.
Fulminacci (Santa Marinella), voto: 6
Da Filippo mi sarei aspettato qualcosa in più e il voto rappresenta proprio un “Il ragazzo è bravo, ha lavorato, ma deve impegnarsi di più”. La canzone infatti non è uno dei suoi migliori risultati.
Gaia (Cuore amaro), voto: 5.5
Se l’è giocata fino all’ultimo per il titolo di Miss Sanremo 2021, ma l’esperienza e la malizia di Annalisa nel contesto sanremese hanno avuto la meglio. La canzone è carina anche se il reggaeton si conferma fastidioso, sicuramente radiofonica e infatti iniziate a preparare i tappi di cera in vista dei prossimi mesi.
Ghemon (Momento perfetto), voto: 6
Il più hip-hop dei 26 partecipanti, Ghemon in questo pezzo sembra essere tornato allo stile di Mezzanotte, ma non riesce comunque a raggiungerne le vette più alte. Al di là del messaggio lanciato nel quale è possibile immedesimarsi, resta una canzone molto personale e intima, il prosieguo di una tendenza egocentrica che rischia di stancare.
Gio Evan (Arnica), voto: 0
È sbagliato giudicare le persone senza conoscerle, lo so. Gio Evan mi fa anche notevole tenerezza, ma questo non ha frenato l’impeto nel renderlo la mia vittima sacrificale del festival.
Si definisce e si fa definire un artista poliedrico, scrittore e poeta, filosofo, umorista, performer, cantautore e artista di strada. Forse, in mezzo a tutta questa immensa poliedricità, il suo luogo perfetto sarebbe proprio la strada. Con tutto il rispetto per gli artisti di strada.
Una canzone che avrebbe fatto fatica a non arrivare ultima alla sezione “Viva la canzone” dedicata ai bambini della sagra della focaccia di Bergeggi e un’interpretazione coerentemente in linea con il brano. Il buon Gio è riuscito però a dare il meglio di sé nella serata di giovedì dedicata alle cover, esibendosi con i quattro vincitori di The Voice Senior. Mai scelta si rivelò peggiore, riuscendo a farsi ridicolizzare anche da loro.
Gio Evan è il prodotto dell’impoverimento culturale causato dai social. Ma non è colpa di Gio: lui si trova ancora semplicemente in quella condizione infantile in cui hai la necessità di credere di essere ciò che tu pensi. E sei tutto quello Gio, continua a crederci e a portare avanti il fanciullino che c’è in te!
Irama (La genesi del tuo colore), voto: 6.5
Lo sfortunato Irama è stato costretto a non potersi esibire in diretta sul palco a causa della positività di un componente del proprio staff. Forse un bene per tutti noi ascoltatori.
Per il resto la sua è una buona canzone, probabile futura hit dei prossimi mesi: un bel ritmo edm, la presenza inconfondibile di Durdust e le chitarrine spagnoleggianti che riescono simultaneamente a infastidire l’udito e la memoria, facendomi ritornare nostalgicamente a quelle torride sere di luglio dell’anno scorso e ai 2001 sostanti sotto casa che, per fare i tamarri e abbordare le ragazzine di paese, pompavano a palla nelle casse Irama, incoscienti della figura poco tamarra e ben più barbina.
La rappresentante di lista (Amare), voto: 8
Esordienti a Sanremo ma con tanta tanta gavetta alle spalle, LRDL non delude per nulla e, anzi, sorprende. Il testo dal respiro più internazionale tra tutte le canzoni, un sound accattivante (anche qui lo zampino del Faini Durdust) e una voce, quella di Veronica, tra le migliori del Festival.
Lo Stato Sociale (Combat Pop), voto: 7
Citano gli Skiantos e i The Clash e attaccano sostanzialmente tutti i colleghi con cui condividono la partecipazione al festival. Musicalmente suona come un classico brano del loro repertorio.
Come nel Sanremo 2018 danno grande spettacolo durante la performance, ergendosi anche come primi esponenti per i diritti dei lavoratori dello spettacolo.
Madame (Voce), voto: 7
Non disattende le aspettative, la canzone è molto interessante e forse un po’ troppo intrecciata e complessa per Sanremo e per la fruizione che se ne deriverà in radio. Ciò non toglie che Madame meriti un bel voto, anche qui di nuovo con la mano di Durdust per la strumentale.
Bene perciò la canzone, meno bene la performance sul palco a piedi scalzi, in cui può e deve migliorare; malissimo invece la serata delle cover: carina infatti la scelta Prisencolinensinainciusol di Celentano, pessima invece la realizzazione. E fare peggio di Gio Evan era oggettivamente difficile.
(EDIT: L’ultima serata la performance è stata molto meglio, brava Francesca! Grande talento.)
Malika Ayane (Ti piaci così), voto: 5.5
Dopo l’irritantissima pubblicità dello spazzolino elettrico, Malika è tornata a Sanremo con la sua solita canzone. Si prende mezzo punto in più rispetto a Noemi per la sensualità, la sessualità e i relativi doppi sensi del brano.
Per il resto, recarsi al giudizio su Noemi.
Måneskin (Zitti e Buoni), voto: 4.5
Il campo medio di Damiano che si ravana i gioielli di famiglia mentre canta sul palco rimarrà una delle cose più belle di questo festival. Per il resto, tanto rumore per nulla.
I Måneskin sono come quella band del tuo cuginetto che, perché suonano le chitarre forte e si vestono indossando strani abiti vecchi che nessun incosciente vestirebbe per non rasentare il ridicolo, credono di essere dei rocker punk-hippy contro il sistema. Peccato che si dimentichino che la cura del look debba andare di pari passo con la musica.
Max Gazzè (Il farmacista), voto: 6
La canzone è incantabile, sfido chiunque a ricordarsi versi come “Dimetisterone, poi Norgestrel in fiale” da urlare a squarciagola ai concerti.
L’idea resta comunque apprezzabile, un modo per parlare d’amore e di psicologia con parole diverse. La fascinazione maggiore scaturisce nel finale col rimando a Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene. Ma basta, fermiamoci qui con le noiose pippe filologiche.
Noemi (Glicine), voto: 5
Qualcuno mi può spiegare che cosa succede ai glicine di notte?
Comunque la classica canzone sanremese di Noemi che, citando il buon Giacomo Filippa: sembra di avere già ascoltato 50 volte. È forse qui che si nasconde la vera bellezza, nel far riemergere nostre situazioni già vissute? Non credo, ma ho provato a giustificare l’intento trovando un possibile senso.
Orietta Berti (Quando ti sei innamorato), voto: N.C.
L’unica vera queen di questo Festival di Sanremo. Professionista esemplare vecchio stampo: quando sale sul palco non le frega nulla degli sproloqui di Amadeus, testa bassa e pensa soltanto a cantare guardando in cagnesco il direttore d’orchestra.
La canzone non è comunque giudicabile poiché è totalmente fuori contesto dai canoni del festival di oggigiorno, ma pienamente nello stile della splendida Orietta.
Sogno un duetto coi Måneskin (naziskin – cit.).
Random (Torno a te), voto: 1
Emanuele Caso, in arte Random, è un artista concettuale. Infatti, come ben esplica il suo nome, è riuscito a creare una metodologia randomica (casuale) con cui creare ogni sua opera d’arte generativa, sia per la sezione letterale che per quella musicale. Tuttavia, grosso difetto da dover accettare è quello che a volte possa capitare che i risultati non siano in linea con quanto ci si aspetti o che essi non vengano apprezzati dai fruitori. Ma il vero artista concettuale, così come Random stesso ci insegna, è colui che riesce a trovare il bello là dove per gli altri il bello non c’è.
È un insegnamento di vita questo di Random, tra una stonatura e l’altra.
Willie Peyote (Mai dire mai, La locura), voto: 7.5
Il testimone sabaudo al festival, sabaudità che si legge totalmente nel suo modo di stare sul palco.
La canzone che ha portato Willie è il suo classico brano punzecchiante, in cui ce l’ha con l’Italia intera e in particolare coi suoi colleghi.
Ma una riflessione che sorge spontanea è: Guglielmo critica sempre l’originalità e le intenzioni degli altri, ma lui quand’è che ha dimostrato o quand’è che dimostrerà di far qualcosa di realmente nuovo, innovativo e in controtendenza?