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Le rivoluzioni inavvertite

Movimento 5 Stelle e Lega, per arrivare a questi risultati, hanno dovuto mettere in atto delle vere e proprie rivoluzioni

Il 4 marzo è stato un punto di svolta. Che lo si consideri in modo negativo o positivo poco importa. Non si torna più indietro.

La sinistra risulta sconfitta. Qualcuno potrebbe dire che è morta e che Renzi ne è stato il carnefice.

Il Pd, uno dei pochi partiti che traeva le sue origini da un partito ideologico del dopo guerra, rimane agonizzante sotto la soglia del 20%.

L’Italia è divisa in due: al nord trionfa la Lega, mentre i 5 Stelle conquistano quasi tutti i collegi uninominali del sud.

Com’è stato possibile? Tutto avveniva sotto i nostri occhi senza che ce ne accorgessimo o ci siamo voltati da un’altra parte e abbiamo deciso di non guardare?

Non si sa. Quel che è certo è che c’è una parte d’Italia che soffre e queste elezioni ne sono la prova.

Una rivoluzione (inavvertita) è entrata in punta di piedi nella nostra società. Anzi, possiamo parlare di due rivoluzioni.

Come ha fatto il Movimento 5 Stelle a diventare (di nuovo) il primo partito? E Salvini a trasformare la Lega in forza trainante del centro-destra?

Nel primo caso, la variante che ha fatto la differenza rispetto alle elezioni del 2013 e che ha permesso la conquista di ben 7 punti percentuali, è stata la scomparsa dalle scene del co-fondatore Beppe Grillo e l’entrata in campo del leader politico Luigi Di Maio.

La comunicazione seria e pacata del leader (un po’ democristiana dicono alcuni) è stata in grado di conquistare le anime più tranquille. D’altra parte, il tono ribelle e rivoluzionario di Di Battista ha raggiunto una fetta di cittadini stufi della vecchia classe politica.

Dire però che il voto ai pentastellati è stato solo un voto di protesta è un errore. Lo potrebbe essere stato nel 2013, ma non oggi. Non dopo la sua istituzionalizzazione. Il voto ai 5 stelle è stato un voto al cambiamento (non si sa ancora se in positivo o in negativo). Il voto a una nuova idea di Paese, a un nuovo spirito di partecipazione (a loro dire basato sulla democrazia diretta) e di rivalsa individuale e comunitaria (un cambio d’élite, direbbe Gaetano Mosca). Cittadini comuni sono entrati nelle istituzioni e, anche se non si sono sempre comportati correttamente, gli elettori hanno dato loro fiducia.

Questa è l’idea di fondo che accompagna le logiche del partito dal primo Vaffa-Day, con la proposta di legge “Parlamento Pulito”, passando dai meetup sul web, fino alla presentazione della lista dei possibili ministri di pochi giorni fa.

Questo non esclude che non siano stati fatti errori, anzi.

Alla seconda domanda si può rispondere dicendo che la Lega di Salvini riunisce in sé due parti dello stesso cuore. Una è certamente la parte più rozza, quella che parla alla pancia, quella che aizza il popolo contro i migranti e paragona le donne a delle bambole gonfiabili. L’altra è quella che parla alla nostra parte più razionale, quella dell’euroscetticismo del professor Bagnai e delle battaglie dell’avvocato Bongiorno.

Tutti si ricordano della prima parte e si dimenticano della seconda (anche se ci si chiede se non sia proprio la prima parte a inghiottire e oscurare la seconda).

Quel che è certo è che anche Salvini ha condotto una rivoluzione, sebbene del tutto diversa da quella dei grillini.

Il leader leghista ha trasformato un partito fortemente localizzato in una forza in grado di competere anche sul territorio nazionale. A parte i risultati delle elezioni, lo dimostra già il fatto di aver cambiato il nome da “Lega Nord” a semplicemente “Lega”. Perfetto per un popolo con poca memoria storica.

Insomma, per molti non è più la Lega di Bossi. Si dice cambiata.

La rivoluzione non è più la secessione della Padania, ma consiste nel mostrarsi come forza sovranista e patriota in difesa dei cittadini italiani.

In un panorama politico in cui la sinistra lentamente si suicida sotto la guida di un leader presuntuoso e arrogante, attuando politiche neo-liberiste (si veda l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori) e tradendo il proprio elettorato, ci si domanda a chi si sarebbero dovuti rivolgere i cittadini. A voi i commenti.