Viviamo in un mondo frenetico e competitivo in cui l’universo comunicativo sembra aver ceduto il posto alla superficialità, al conflitto generalizzato e alla perdita dei valori morali; siamo spinti sempre di più a rintanarci nel nostro angolo personale e viviamo in spazi chiusi (fisici o digitali), a loro volta causa di incomunicabilità, disagio e solitudine.
E allora cosa fare? Esiste un modo per vedere il mondo con gli occhi degli altri? Esiste un modo per comprendere e condividere la natura umana di altri individui?
La risposta sembra essere di si ed è l’Empatia. Ma che cosa intendiamo con questo termine?
Dal punto di vista delle scienze psicologiche, psicosociali e nelle neuroscienze cognitive contemporanee, l’empatia si riferisce alla capacità di una persona di comprendere, immedesimarsi e far propri gli stati d’animo, le emozioni, i sentimenti ed i processi psichici di un altro individuo, senza necessariamente far ricorso alla comunicazione verbale.
L’empatia è profondamente radicata nell’esperienza umana in quanto ci permette di riconoscere e comprendere gli stati emotivi di chi ci sta intorno.
Ma perché l’empatia è cosi importante al giorno d’oggi?
Essa ci porta a uscire dalla comune solitudine esistenziale per entrare all’interno di uno spazio empatico costruito su solide basi, quali fratellanza, condivisione e collaborazione.
Gli essere umani stanno da una parte maturando il sentimento del legame e della solidarietà ed una coscienza sociale per integrarsi sempre più accogliendo le differenze culturali e d’identità. La progressiva inclusione di donne, omosessuali, disabili e altri gruppi precedentemente oggetto di discriminazione, e la proliferazione di relazioni sentimentali e matrimoni multireligiosi e multietnici ha portato all’affermazione del concetto di “coscienza empatica globale”.
Si fonda sulla consapevolezza che gli altri, come noi, sono esseri unici e mortali; se empatizziamo con un altro è perché riconosciamo la sua natura fragile e finita, la sua vulnerabilità, la sua sola e unica vita; proviamo la sua solitudine esistenziale, la sua sofferenza personale e la sua lotta per esistere e svilupparsi come se fossero le nostre.
Il nostro abbraccio empatico è il nostro modo di solidarizzare con l’altro e celebrare la sua vita.
In questi termini, tale concetto si pone al centro del nuovo fenomeno sociologico della globalizzazione, intesa come uno stato di connettività complessa della società. È una situazione completamente nuova, che ha importanti conseguenze sia a livello macro – sociologico degli stati e delle organizzazioni sociali (si pensi, per esempio, alla nascita dell’UE), sia a livello micro – sociologico dei singoli individui.
Un ruolo decisivo è svolto dalla tecnologia. Infatti le telecomunicazioni rendono possibile il passaggio in tempo reale di informazioni e ciò ci permette di immaginare la possibilità di un ”effetto moltiplicatore empatico” grazie al quale si superano i confini che tradizionalmente hanno separato gli uomini gli uni dagli altri. Ciò si ripercuote infinitamente influenzando la vita di innumerevoli altri individui.
In tal senso, viene posto in rilievo il concetto di relazioni parasociali, analizzate per la prima volta in un saggio scritto da Donald Horton e Richard Wohl e apparso sulla rivista ”Psychiatry” nel 1956: gli autori avevano notato che la radio e la televisione danno l’illusione di un rapporto diretto con l’attore. Oggi tali relazioni sono una palestra per esplorare una gamma di risposte emotive alla sofferenza o alle condizioni altrui e per allargare il proprio repertorio empatico.
La rivoluzione apportata da internet ha trasformato queste relazioni parasociali in relazioni dirette: ha permesso ad una generazione di condividere il palcoscenico globale con due miliardi di persone.
Un esempio di quanto appena detto è l’affermazione di sentimenti solidali ed empatici, sviluppatisi soprattutto via web nei confronti delle vittime di situazioni drammatiche quali, in particolare, attentati terroristici e calamità naturali.
D’altro canto però, il sorgere o la rinascita di forze (politiche e non) che propagandano un ritorno al sovranismo, alla conservazione dell’identità nazionale e incitano al razzismo e alla xenofobia (si veda l’ultimo successo elettorale della Lega) sono fattori sociali che bloccano l’affermazione del concetto di coscienza empatica e rendono l’uomo sempre più egoista nei comportamenti e meno sensibile nei confronti della sofferenza altrui. Tanto da voler respingere gli immigrati o addirittura sparare verso etnie diverse, come è successo poco tempo fa a Macerata.
In una società nell’ambito della quale cresce sempre più il desiderio di libertà, e quindi di autodeterminazione, e nel contempo crescono queste forze appena citate, occorre perciò mantenere un equilibrio fra un senso di sé sempre più differenziato ed autodeterminato, l’identità culturale di un popolo e il fatto di essere inserito in una rete di relazioni sempre più connesse ed integrate fra di loro.
Il pericolo di tornare indietro esiste e l’unico modo per andare avanti è entrare in empatia con il prossimo, poiché chi comprende cosa sta provando l’altro non discrimina né insulta.