Le Isole Senkaku occupano appena 7 km2 e si trovano nel Mar cinese orientale. Constano di otto isolotti, cinque isole e tre scogli. Distano 120 miglia nautiche (circa 220 km) da Taiwan e 200 (circa 370 km) da Cina e Giappone. Questi due Stati in particolare, si contendono questo angolo di oceano da secoli. Le Senkaku sono attualmente sotto la giurisdizione di Tokyo, ma rischiano di provocare tensioni geopolitiche non indifferenti.
Le Isole
Queste isole rocciose e inospitali sembrano essere state scoperte da marinai cinesi nel Quattrocento. Data la loro scarsa attrattiva, sono rimaste in secondo piano sino al 1895, anno della Prima guerra sino-cinese. In quell’occasione il Giappone invase l’Isola di Taiwan e da quell’anno rimasero sotto il controllo del Sol Levante. Al termine della Seconda guerra mondiale, gli USA amministrarono le isole sino al 1971 quando – in virtù degli Accordi di San Francisco – Tokyo ritornò in possesso delle Senkaku.
Come mai, però, queste isole sono così importanti? Si tratta solo di una questione di principio per Pechino o c’è dell’altro? Alla base della disputa ci sono ragioni energetiche ed economiche. Le acque intorno alle Senkaku sono abbondanti sia dal punto di vista ittico sia dal punto di vista minerario. Le Isole sono una riserva ricchissima di petrolio e gas, oltre che di oro, argento, zinco, cobalto, nichel, rame. Comprensibilmente, cinesi e nipponici si contendono le isole.
L’escalation
Il Giappone, da sempre privo di risorse, spera di poter in parte supplire alla sua totale dipendenza energetica successiva al disastro di Fukushima del 2011. Dal canto suo, Pechino è sempre alla ricerca di nuove fonti per la sua insaziabile fame energetica. A questa contesa si aggiungerebbe anche Taiwan, Paese cui le isole sono più vicine che Cina e Giappone.
Nel 2012 il Governo di Tokyo ha acquistato le isole da un proprietario privato, rendendo le Senkaku una minaccia reciproca tra i due Stati. Per di più, il Giappone ha ventilato l’idea di sfruttare le risorse dell’arcipelago, violando quanto disposto negli anni Settanta riguardo la proibizione di sfruttamento delle isole e l’accesso a esse. In risposta a ciò, navi cinesi hanno navigato intorno alle Senkaku, entrando di fatto in acque territoriali nipponiche senza autorizzazione. Questi screzi si sono successivamente tradotti in una guerra commerciale a bassa intensità tra Giappone e Cina, combattuta a colpi di dazi, boicottaggi e tagli degli investimenti reciproci.
Le implicazioni geopolitiche
La controversia non è da sottovalutare, perché coinvolge tre delle principali potenze mondiali. Sì, tre, perché le Senkaku sono state amministrate dagli Stati Uniti e rientrano nel trattato di sicurezza tra USA e Giappone. Quindi, se la Cina dovesse attaccare e il Giappone reagisse, Washington dovrebbe intervenire in soccorso degli alleati.
A ciò si aggiunga che l’Indo-Pacifico è un fronte già di per sé molto caldo, che vede i tentativi delle potenze regionali – India e Australia su tutte – tentare in ogni modo di arginare lo strapotere di Pechino.
Infine, le Senkaku sono rientrate ufficialmente nei piani americani per la difesa del Giappone dalle ingerenze cinesi. Quest’ultima mossa di Washington va letta nella più ampia manovra di rafforzamento del QUAD, il Quadrilateral Security Dialogue cui partecipano USA, Giappone, India e Australia. Ovviamente in chiave anti-Cina.
Una questione spinosa e tutt’altro che risolta, che complica ancora di più l’attuale panorama politico americano spaccato a metà tra un presidente in carica “ribelle” e un presidente eletto e tuttavia non ancora operativo.
Eppure, si trattava di semplici isolotti disabitati…