L’hashtag #andràtuttobene impazza sui social network dall’inizio della quarantena e nel corso dei primi giorni abbiamo assistito al moltiplicarsi degli striscioni che riportano la frase d’incoraggiamento sui balconi, da nord a sud dello stivale. Ma siamo sicuri che andrà veramente tutto bene? L’Italia, e gli italiani soprattutto, hanno dimostrato più volte di essere in grado di risollevarsi dalle macerie e rinascere. Siamo sempre stati un popolo dal grande spirito di adattamento e ne usciremo, sì anche questa volta, ma come?
A 50 giorni dall’isolamento lo stressometro si impenna e la pazienza è ormai prossima al capolinea. Si intravede una luce in fondo al tunnel: la fase due è alle porte. Tuttavia non si può dire che la guerra sia finita, un altro capitolo di storia sta per essere scritto. Abbiamo imparato a comprendere sin da subito come il Covid19 sia la guerra mondiale del nuovo millennio. Numerose volte si è ricorsi al paragone tra la pandemia generata dal virus e la seconda guerra mondiale, ma l’unica affinità che le accomuna è il carattere globale. Nel dopoguerra l’Italia era distrutta materialmente ed economicamente, ma il quid che ha fatto la differenza è stata la voglia di ricostruire e di migliorare la propria condizione; desideri intrinseci in ogni italiano. La lezione universalmente impartita dalla seconda guerra è stata che non vi è sopravvivenza senza solidarietà. Sorge spontaneo chiedersi come un sentimento di fratellanza e di vicendevole aiuto possa insinuarsi oggi e convivere con il distanziamento sociale.
Non pochi uomini di scienza iniziano a studiare le conseguenze sociali generate dal Covid19 e senza mezzi termini parlano di apatia come fenomeno dirompente nella società. D’altronde siamo passati dal condurre un’esistenza frenetica al ridurci ai soli bisogni primari. “Chi si ferma è perduto, mille anni ogni minuto” recitava Dante Alighieri. La solitudine forzata ci ha costretto ad un incessante dialogo con noi stessi e ci ha condotto verso una nuova intimità, siamo cambiati nel profondo. Dunque saremo in grado domani di mettere da parte l’individualismo in nome dell’amore verso la collettività?
Passeggiando per le strade è difficile non notare gli occhi spenti ed impauriti della gente, la mascherina nasconde la nostra espressione ma lo sguardo è più eloquente di quello che si possa immaginare. Cammino ed incontro gli occhi tristi di persone che mi passano accanto terrorizzate. La fame d’aria sale di pari passo con l’ansia e quest’ultima genera diffidenza. La fase due vedrà regolato il flusso di clientela nei ristoranti e nei negozi tramite l’uso di semafori posti come segnaletica sul pavimento; ne consegue che il cliente sarà isolato nel suo metro quadrato. Il contatto è sconsigliato, il metro di distanza è auspicato. L’Italia si rialzerà con un grido all’individualismo e darà il benvenuto al magico mondo della comunicazione digitale. Si crea così terreno fertile per il proliferare di app che danno sfogo alla nostra socialità e che allo stesso tempo agevolano il distanziamento sociale, i contatti rimarranno ancora per molto tempo solo virtuali. Viviamo in un mondo in cui c’è un app per tutto. Oramai siamo soliti festeggiare compleanni su Zoom, trasferire aperitivi su Houseparty e riunioni su Skype. Se il nemico è dietro l’angolo, non sarà più necessario ricorrere ad un decreto per evitare le aggregazioni, saremo noi a ripudiarle. Saremo noi gli artefici delle nuove misure restrittive. Il cerchio di relazioni si deve stringere, chi saranno i prediletti?
Nel dopoguerra si respirava un clima di euforia: la gente, stufa di trascorrere più tempo in cantina che all’aria aperta, si riversava nelle strade e si riuniva nei cortili per ballare con il sottofondo musicale di un’orchestra improvvisata. Ma noi non illudiamoci; non andremo in giro a cantare motivetti, non ci sarà la festa in ogni rione ed i giovani non andranno in giro baldanzosi. Non occorre una fervida immaginazione per comprendere che non andrà tutto bene, anzi sarà peggio di prima. Viene naturale aggiungere un altro inquietante punto di domanda: siamo sicuri che prima andasse tutto bene? La distanza tra le persone ora si vede accentuata, tuttavia i social network non la alimentavano già da anni? Quante volte abbiamo scambiato una chiamata con una emoticon, una reazione ad una storia su Instagram? Crediamo di sapere tutto osservando una persona su Facebook ed invece non siamo a conoscenza di niente. Forse e’ la pigrizia a dettare la divisione tra le persone o forse la mera indifferenza. Se così fosse, da tempo eravamo arrivati ad un punto critico senza rendercene conto. La verità, si sa, è antipatica. Questa primavera terribile e struggente porta con sé un nuovo individuo che ha profondamente cambiato i suoi pensieri, i rapporti interpersonali e la relazione con la casa. La mascherina ci impone di guardare negli occhi e andare alla ricerca della verità, perché gli occhi non mentono mai.