Il complicato confitto, che si sta svolgendo ai giorni nostri nel teatro della Siria, si innesta nello scenario delicato della guerra civile che insanguina lo stato da quasi 10 anni. Per comprendere i rivolgimenti attuali è necessario, prima, delineare il quadro iniziale.
La popolazione in Siria
La Siria è composta in maggioranza da popolazione musulmana sunnita. Seguono poi un gruppo minore di musulmani sciiti e infine una minoranza curda. Il presidente alla guida della Siria è Bashar Al-Assad, membro della famiglia Assad, sciita, sostenuta da sempre, politicamente e militarmente, dalla Russia. Gli ideali della Primavera Araba, che si diffusero a partire dal 2010, soffiarono venti di ribellione tra i musulmani sunniti che volevano un proprio rappresentante al governo (Assad rappresentava solo una piccola parte della popolazione). Questo fece scoppiare la guerra civile e il nuovo sanguinoso scenario richiedeva la presa di posizione da parte degli altri Stati.
Gli schieramenti nella guerra
Ed ecco gli schieramenti: da una parte Usa, Europa e Arabia Saudita sostenevano i sunniti contro il regime di Assad, dall’altra parte, a supporto del presidente, si trovavano la Russia (per legami storici di alleanza) e la Turchia (decisa a rafforzare il governo esistente per mettere a tacere i Curdi, in quanto nemico turco, ed evitare anche la loro ribellione). A schierarsi in modo netto mancavano solo i Curdi, il cui desiderio era, ed è tuttora, quello di creare un proprio stato indipendente.
Carte sparigliate: l’intervento dell’Isis
A complicare la situazione, già di per sé confusa, è l’arrivo dell’Isis o Stato Islamico. La cellula terroristica nasce, in Siria, da un gruppo di Sunniti ribelli che fa capo ad Al Baghdadi. Questo gruppo armato ha ambizioni più alte rispetto a quella di ribaltare il governo di Assad: creare un vero e proprio stato Islamico Sunnita che riunisca insieme Siria e Iraq. L’emergenza di questo nemico comune spinge America e Russia a collaborare per sbaragliare la minaccia dell’Isis. Un ruolo molto importante per la sconfitta di quest’ultimo lo ebbero i Curdi, che, con un alto dispendio di vite, riuscirono a spazzare via le terre dello Stato Islamico roccaforte dopo roccaforte, fino ad arrivare al 2019. Superato questo imminente ostacolo, rimane ad oggi la questione della guerra civile. Assad tuttora è al potere, i curdi si sono ritagliati un proprio spazio nel Nord del paese e il territorio siriano è a brandelli.
La situazione odierna
La regione, ad oggi, più pericolosa è quella di Idlib in cui si sono stabilite le forze ribelli al governo di Assad. Dal settembre 2019 è in vigore l’accordo di Sochi siglato tra Erdogan, presidente della Turchia e Putin, presidente della Russia, che si fa garante nei confronti di Assad. Il trattato prevede la costituzione di una fascia demilitarizzata, “sicura” nel Nord ovest della Siria, lungo il confine con la Turchia, per separare i militanti ribelli dall’esercito di Damasco. Per fare questo sono stati sgombrati dalla regione molti miliziani Ypg (curdi). La Turchia ha stabilito, secondo l’accordo, delle basi militari di osservazione per far rispettare il cessate il fuoco. In seguito si è aggiunto l’altro compito di contrastare il consolidarsi all’interno della fascia della milizia jihadista , di matrice terroristica, in passato legata ad Al-Qaeda. La difficoltà della Turchia a tenere il territorio demilitarizzato ha dato all’esercito siriano di Assad il pretesto di attaccare la safe-zone.

Le intenzioni della Siria
Qual è il motivo reale dell’infrazione del trattato da parte della Siria? La Turchia, tramite il trattato, ha installato delle basi militari in una parte del territorio siriano, legandosi ai ribelli e esercitando il controllo di quella zona. Un passo fondamentale per un’espansione territoriale che la Siria vuole evitare. L’obiettivo della Siria, quindi, è di riconquistare la regione di Idlib e riprendere i due tronchi di autostrada M4 e M5 che collegano Damasco ad Aleppo, i due centri siriani più importanti. Nel frattempo i militanti Ypg (Unità di Protezione Popolare) curdi sono stati abbandonati dall’America che ha scelto di rimuovere i propri presidi dalla Siria. Dall’inizio della guerra gli Usa difendevano la popolazione curda e ora, rinunciando a prendere di nuovo una posizione nel conflitto, hanno condannato i curdi agli attacchi della Turchia, che mira adesso anche al debole territorio del resto del nord.
Il ruolo della Russia nella guerra
Resta ancora da chiarire un punto. Qual è il ruolo della Russia nella crescente ostilità tra Damasco ed Ankara? Fino all’accordo di Sochi, Putin ha gestito gli equilibri tra Russia e Turchia senza mai sbilanciarsi troppo verso una parte: con il trattato, infatti, la Russia ha garantito una fascia di tregua per le forze di Damasco, dimostrandosi ancora il vecchio alleato di una volta, d’altra parte, però, ha permesso alla Turchia di avanzare nel territorio siriano, aiutandola, tra l’altro, a sgombrare la safe-zone dai curdi, lasciando trapelare la possibilità di una migliore alleanza turco-russa, da contrapporre alle forze occidentali. Adesso che, però, le ostilità tra Turchia e la Siria sono arrivate a pesanti scontri armati, la Russia dovrà dimostrare una netta presa di posizione verso l’una o l’altra nazione.
L’offensiva della Siria e la reazione di Erdogan
Quindi si arriva alla situazione attuale: giovedì 27 febbraio un raid dell’aviazione siriana ha stroncato oltre 30 militari turchi. La reazione della Turchia è stata immediata. Per prima cosa c’è stata la richiesta di aiuto agli stati membri della NATO. Questa richiesta però ha assunto i contorni di una minaccia: in mancanza di aiuti da parte dell’Europa nella guerra contro Assad, Erdogan ha detto di voler ribattere con la riapertura dei confini con l’Occidente per far passare i profughi presenti sul territorio turco (oltre 3,5 milioni). In secondo luogo la Turchia ha proceduto con un contrattacco: e arriviamo all’offensiva turca di inizio marzo. Erdogan ha giustificato la propria azione perché “in regola” secondo la Carta delle Nazioni Unite che garantisce il diritto degli Stati di autodifesa e inoltre perché la Turchia deve rimanere fedele agli accordi di Sochi. La guerra aperta quindi ha avuto inizio e i raid su Idlib da parte dei siriani continuano a distruggere famiglie di civili.

I profughi bussano alle porte dell’Europa
Sono sempre di più, quindi, le ondate di profughi che scappano dalla regione di Idlib e attraversano la Turchia. Ma questa non ha le forze per accogliere un numero così alto di persone. Non ricevendo più aiuti dall’UE, Erdogan ha così attualizzato il proposito di aprire i cancelli verso l’Europa, costringendo flussi continui di migranti a varcare illegalmente il confine greco. E così, chi non riesce a superare le barriere, sotto la pressione dei lacrimogeni dai militari greci, si accampa al limite, senza sapere come proseguire. Chi riesce, invece, si ritrova ammassato in un campo di accoglienza in pessime condizioni igieniche, senza alcuna prospettiva.