L’uragano atlantico denominato Sandy partì da un’onda tropicale nel Mare dei Caraibi occidentali a fine ottobre 2012 e colpì Giamaica, Cuba, Bahamas, Haiti, Repubblica Dominicana e la costa orientale degli Stati Uniti raggiungendo la zona a sud della Regione dei Grandi Laghi degli Stati Uniti e del Canada orientale. Registrato in partenza come una tempesta di grado 1 crebbe a dismisura e si rivelò ben presto essere una catastrofe devastante. Passò alla storia come il secondo uragano più disastroso per il costo economico nella storia degli USA dopo Katrina e come uno dei più devastanti: raggiunse 7 paesi uccidendo più di 235 persone lungo il suo corso. A New York arrivò la sera del 29 ottobre 2012, accompagnato da una tempesta con fulmini che diedero il via a un black out che lasciò mezza città al buio per giorni, da Manhattan al sud di Midtown. I punti più colpiti e danneggiati dall’uragano furono le centrali elettriche, gli ospedali, le stazioni della metropolitana e le stazioni di controllo e collegamento. Senza il funzionamento di queste, la città fu completamente in tilt.
5 anni dopo, la città di New York ha ristrutturato e riqualificato una buona parte delle infrastrutture danneggiate.
Una larga parte di esse però rimangono piani e progetti ancora da attuare e realizzare. Robert Freudenberg, vice presidente per l’associazione regionale di pianificazione, ha ammesso al New York Times che si vive una corsa contro il tempo per cercare di recupeare i danni prodotti da Sandy e premunirsi per il prossimo eventuale uragano.
La centrale Edison alla fine della 14esima strada a Manhattan è una delle più grandi della città e fornisce da 90 anni elettricità e vapore a oltre 250.000 clienti tra cui alcune banche a Wall Street e torri di appartamenti sovvenzionati sul Lower East Side. L’inondazione di fine ottobre non era stata un problema fino a quel lunedì in cui la forza dell’acqua spazzò via i sacchetti di sabbia e penetrò giù per i portali.
Nel giro di pochi minuti arrivò al centro nervoso della struttura. Dopo l’inondazione furono intrapresi sforzi e lavori per rendere l’edificio in grafo di resistere alle tempeste future e per costruire interruttori impermeabili, collocati a 35 metri dal suolo. La sala di controllo esistente al piano terra dell’impianto sarà sostituita da un sistema di controllo più moderno situato al secondo piano. Inoltre sono state installate tende in Kevlar intorno alla centrale elettrica che possono essere impiegate per prevenire le inondazioni. L’obiettivo da raggiungere è riuscire a restare in funzione anche se arrivasse un’altra emergenza. Oltre alla centrale anche il tunnel di collegamento della metropolitana venne massivamente colpito dall’uragano. Una quantità spaventosa di acqua si riversò all’interno, favorita dal fatto che le uniche difese del sistema della metropolitana erano realizzate in materiali per nulla resistenti. Il tunnel sarà chiuso nel 2019 per attuare una revisione dall’interno che richiederà più di un anno di sospensione del servizio tra Manhattan e Brooklyn. Come per la centrale anche nel tunnel saranno installate porte sottomarine, tende Kevler e cancelli meccanici che sigillano ogni apertura e permettono il collegamento con le aperture sulla 14esima strada.
Gli ospedali che hanno avuto maggiori difficoltà a restare in servizio, sono stati il Coney Island e il Bellevue, ospedali pubblici di New York che durante l’uragano dovettero essere evacuati per la prima volta poichè rimasti al buio, senza ascensore o acqua potabile. Così al NYC Health & Hospitals secondo il New York Times sono stati aggiudicati 1,7 miliardi di dollari in aiuti federali per riparare e migliorare tre dei suoi 11 ospedali pubblici – Bellevue, Coney Island e il Metropolitan di Manhattan. I lavori principali consistevano nello spostare i sistemi elettrici e i generatori dai basamenti ai piani più alti, mentre gli ascensori e le banchine di carico sono ora protette con pannelli impermeabili. All’ospedale Coney Island un nuovo edificio su un terreno superiore ospiterà il pronto soccorso e i servizi per i pazienti critici. Dietro il Bellevue sarà eretto un muro come parete antialluvione e si cercherà anche di costruire un posto di ricovero sicuro per le evacuazioni di emergenza. “È stato lento, frustrante e impegnativo il lavoro di riqualifica, non abbiamo ancora finito ma stiamo progredendo. La città necessita di una maggiore protezione contro le inondazioni, un punto sempre critico per le zone come quella di New York e cerchiamo di assicurare questa protezione giorno dopo giorno.” ha dichiarato Deborah Goddard, vicepresidente esecutivo per i progetti capitali in un’intevista al New York Times.