Potevi essere tu. Ma non lo sei stato. Forse perché ti trovi dalla parte giusta del globo. Forse perché in quel momento la tua parte del globo era quella giusta. Forse perché sei nato nella parte giusta del globo al momento giusto. Forse non esiste nemmeno un luogo giusto dove nascere, nel momento giusto, a prescindere. Forse in realtà e solo una questione di fortuna, e la fortuna si sa, è mutevole. Cambia il vento e anziché la brezza marina, ti ritrovi le spiaggia a sputarti la terra in faccia. Colpa del vento. L’importante è che tiri dalla parte giusta. Noi aspettiamo solo che ci gonfi le vele. Aspettare? E se nel caso arrivi una tempesta proprio sopra di noi che facciamo? Ci facciamo travolgere dalle onde? O ci mettiamo ad urlare, in attesa che qualcuno senta le nostre grida? E se nessuno poi le sente, che facciamo? Affondiamo in silenzio? Beh, noi gridavamo, quindi non eravamo proprio in silenzio. Ma non c’era nessuno a sentirci, quindi era come se fossimo in silenzio. Chi può dire infatti che un suono, un grido, sia esistito se nessun orecchio lo ha colto? Infatti forse qui, il fulcro di tutto non è che si muoia in silenzio; ma che di silenzio si muoia.
Noi gridavamo, quindi non eravamo proprio in silenzio. Ma non c’era nessuno a sentirci, quindi era come se fossimo in silenzio.
Trovo spesso superficiale come al giorno d’oggi una delle prime cose che si fanno per affrontare i problemi che affliggono le nostre società sia fare un post su Instagram o su Facebook. Si condividono meme, articoli, tweet, pensieri. E poi dove finiscono? Una volta letto e condiviso a cosa è servito quel post? Come questo articolo, una volta scritto, pubblicato e letto, che ne sarà di lui? Finirà nel dimenticatoio delle idee passato il trend del momento? Io spero di no. Perché se c’è una cosa che tutte queste parole in rete posso fare, è proprio quella di mostrare che tipo di società vogliamo essere e che genere di persone vogliamo essere.
Infatti non c’è nulla di ideologicamente incoerente nel razzismo. Io sono, bianco, tu sei nero; in occidente chi è pallido guadagna di più, trova lavoro più facilmente, può sedersi dove vuole su un treno senza ricevere occhiatacce dai colleghi. È un’ideologia che nel suo complesso funziona, ed è tremendamente coerente.
Il problema è che per come siamo “moderni” al giorno d’oggi, per come la scienza abbia sfatato il mito che esistano razze inferiori, demolendo quelle concezioni darwiniste da esposizione universale di fine ‘800 e per come sia stato dimostrato che la materia grigia all’interno delle nostre scatole craniche sia universalmente e praticamente la stessa cosa, indipendentemente dai geni che rendono alcuni di noi più o meno abbronzati di altri, beh, non può funzionare. Non possiamo permetterci di essere razzisti. Anche volessimo proprio essere razzisti, saremmo noi incoerenti a quel punto. Non possiamo continuare a pensare che una vita meriti meno diritti di un’altra, sulla base di un qualcosa che non esiste. Meriti. Che meritocrazia c’è nell’essere semplicemente nati di un certo colore?
Potevi essere tu.
C’è infatti un limite a tutto, anche all’ignoranza. Si può essere dei cafoni totali, ma rifiutarsi di riconoscere l’uomo che si ha davanti come uomo, etichettandolo come inferiore, colpevole o ladro a prescindere, beh, quella è un’ingiustizia. Perché se posso in qualche modo scegliere come comportarmi, il colore della pelle da indossare invece non l’ho mai scelto. Come non ho scelto in che famiglia nascere, in che Paese nascere, in che secolo nascere. E di essere discriminato per ciò che non ho scelto, nemmeno quella è stata una mia scelta.