L’attuale pandemia di Covid-19 ha provocato, se sommata ai deficit strutturali e allo status quo italiano, una “tempesta perfetta”. Le soluzioni sono due: disperarsi oppure passare all’azione. Le sfide sono numerose – il Covid-19, il climate change, la transizione ecologica, la digitalizzazione – e il Next Generation EU (NGEU) fornisce un punto di partenza storico. Davide Serafin, attivista politico e membro di Possibile, propone alcune soluzioni nel suo libro Politica!, edito da People.
POLITICA!
Dopo un 2020 difficile, che ha messo a nudo i limiti di un sistema – politico, sociale, economico che sia –, il 2021 vorrebbe essere l’anno della speranza, della ripartenza e della ricostruzione. E allora perché non sognare in grande, immaginando un Paese che si concentri seriamente ed efficacemente sui temi più importanti e improrogabili? Perché non desiderare una politica che finalmente si occupi del bene dei suoi cittadini e torni a preoccuparsi di quella res publica tanto cara agli antichi?
Guardando all’attuale situazione sanitaria, la prima e più importante azione deve essere in campo sanitario. Il Meccanismo Salva Stati (il MES “sanitario”) offrirebbe 36 miliardi di euro che potrebbero essere impiegati per la sanità digitale, per migliorare l’efficacia degli ospedali, per ristrutturare la sanità pubblica (implementazione della medicina territoriale e acquisto di nuove apparecchiature), per aumentare il numero di posti in terapia intensiva e sub-intensiva (così da favorire l’assunzione di nuovi medici e infermieri), per investire nella prevenzione e nella ricerca e per organizzare la logistica del piano vaccinale. Le proposte, però, non si fermano qua. Vediamo le più rilevanti fra quelle avanzate da Davide Serafin.
ISTRUZIONE
Come scrive Beatrice Brignone nella Prefazione, «Questo libro è un manuale per chi vede la realtà nella sua ingiustizia e non la accetta, per chi si ribella, per chi intende mettersi all’opera, per chi vuole costruire il Paese che qui trova descritto».
Stiamo attraversando una crisi pandemica senza precedenti, ma la UE ci offre una soluzione storica. Il NGEU può essere l’occasione per ripartire, ristrutturare i deficit storici dell’Italia e creare un Paese migliore. Questi fondi messi a disposizione da Bruxelles dovrebbero essere investiti per il futuro delle prossime generazioni, il che significa: scuole, università e ricerca, decarbonizzazione, digitalizzazione.
E quindi perché non cominciare proprio dalla scuola e dall’istruzione, cioè da quelle istituzioni che dovranno crescere e formare le generazioni future? La scuola necessità anzitutto di più spazio e di più insegnati. Abbassare il numero medio di studenti per aula ed eliminare le “classi pollaio” renderebbe l’insegnamento più efficace e la scuola più inclusiva, riducendo inoltre il rischio di dispersione scolastica. L’istruzione pubblica, poi, deve però affrontare anche un’altra sfida: la digitalizzazione. Ciò implica una digitalizzazione del patrimonio bibliotecario italiano e una didattica più tecnologica.
Infine, seguendo il Piano Amaldi per la ricerca, occorre portare i fondi per essa sino all’1,1% del PIL, così da assumere i ricercatori, sostituire l’assegno di ricerca con il contratto, rafforzare il sistema delle borse di studio.
WELFARE E DIRITTI
Da quando è scoppiata la pandemia di Covid-19, si è allargata la “forbice sociale”, cosicché i ricchi sono diventati sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Alla luce di tali conseguenze sociali della pandemia di Covid, è indispensabile il sostegno ai cosiddetti “nuovi poveri” (in maggioranza mamme con bambini), individui resi ancora più vulnerabili dalla crisi sanitaria.
Per fronteggiare questa difficoltà, secondo Serafin, bisogna attuare misure di sostegno del reddito quali l’integrazione salariale e l’indennità proporzionale al danno subito a causa delle chiusure. Inoltre, si devono attuare alcune modifiche del reddito di cittadinanza, per aumentarne la platea di fruizione.
Inoltre, la pandemia ha aumentato drammaticamente anche le disparità di genere. Pertanto, un altro tema fondamentale riguarda le iniziative circa l’eguaglianza di genere, perché una società che favorisce la parità di genere produce benefici collettivi. Le misure da adottare in questo campo – suggerisce l’autore – sono numerose. Tra queste si possono ricordare la Certificazione equal pay, un servizio comunale gratuito per la prima infanzia, un congedo di paternità di quattro mesi e un incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. In aggiunta a ciò, si dovrebbe stimolare la partecipazione femminile in ambito STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e ICT (Information and Communication Technology).
SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE
Infine, la crisi pandemica ha messo in ombra un’altra crisi – forse ancora più grave –, ovvero quella climatica. Per affrontare i cambiamenti climatici è indispensabile investire nelle energie rinnovabili. L’obiettivo deve essere quello di raggiungere la quota del 65% di energie rinnovabili in cinque anni, sfruttando l’energia idroelettrica, fotovoltaica e solare. Si dovrebbe anche attuare un piano di rimboscamento. Piantare 300 milioni di alberi in cinque anni, riconvertendo zone industriali e agricole dismesse, permetterebbe di diminuire la quantità di CO2 nell’aria.
In quest’ottica, si dovrebbe anche rafforzare il sistema di trasporto pubblico a livello locale. Il Covid e le carenze strutturali (la mancanza di integrazione e intermodalità tra mezzi pubblici diversi, in primis) hanno creato un “mix letale”. Le direttive da seguire sono tre: ciclovie, filovie/ferrovie, silicio. In sei anni 6mila autobus vecchi andrebbero sostituiti con altrettanti nuovi e non inquinanti, così come il parco delle autopubbliche dovrebbe contare soltanto mezzi elettrici. Se si vuole eliminare l’uso del gasolio entro il 2030 bisogna stanziare incentivi green e facilitare l’alimentazione di veicoli elettrici nelle case private.
Il climate change costituisce anche una minaccia umanitaria. Aumenterà infatti il numero di migranti climatici e ciò obbligherà a una risposta all’insegna dell’accoglienza e non della chiusura, alla creazione di un solido sistema di accoglienza, oltre che a una riforma dei criteri delle Convenzioni di Ginevra sui rifugiati del 1951.
Insomma, si tratta di progetti ambiziosi, necessari per costruire l’Italia del futuro. In un altro Paese non ci sarebbe nemmeno la necessità di ricordare alla classe politica quali sono le policy migliori cui indirizzare i fondi europei. Qua in Italia occorre farlo, con la speranza che il “dover essere” di Politica! possa presto coincidere con l’“essere” della realtà italiana.