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Qual è il rapporto tra libertà e democrazia?

L’indice di libertà nel mondo è in calo dal 2006. Le cause? La violazione dei diritti di migranti e minoranze, il populismo, la sfiducia nelle istituzioni e sempre più democrazie illiberali

La libertà trema e la democrazia con essa. Con buona pace di Francis Fukuyama che nel 1992 si illudeva – ci illudeva – con il suo La fine della storia e l’ultimo uomo. Il politologo statunitense era dell’idea che con la caduta del Muro di Berlino e la disgregazione dell’URSS l’Europa, e poi a ruota il resto del mondo, sarebbe giunta a istituire forme di governo democratico. Lo Stato liberale e democratico era il fine ultimo – nella prospettiva hegeliana – che ogni Paese doveva raggiungere. Tale traguardo segna appunto la fine della Storia. La realtà dei fatti, però, sembra essere ben diversa.

È ormai da quattordici anni che il livello di democrazie e libertà nel mondo sta calando. Lo riportano i dati di Freedom House

IL RAPPORTO 2020 DI FREEDOM HOUSE

Freedom House è una Ong, nata nel 1941, con sede a Washington. Si occupa della rilevazioni di dati inerenti libertà e democrazie nei vari Paesi del mondo. Sul sito dell’organizzazione c’è scritto che il loro proposito è «difendere i diritti umani e promuovere il cambiamento democratico, con particolare attenzione ai diritti politici e alle libertà civili».

L’organizzazione elabora ogni anno un report, Freedom in the World, che misura per ogni Stato il grado di libertà e diritti. Pubblica anche rapporti annuali su libertà di stampa e libertà del web: Freedom of the Press e Freedom on the Net.

La classifica di Freedom in the World prende in considerazione venticinque indicatori, ciascuno dei quali è valutato con un punteggio che va da un minimo di 0 a un massimo di 4. Il punteggio totale realizzabile, frutto della somma dei risultati dei vari indicatori, è 100. Così si ha una classifica che va da Paese “libero” a Paese “non libero”, passando per l’intermedio “parzialmente libero”. Al primo posto, ex aequo, vi sono Finlandia, Norvegia e Svezia con un punteggio di 100; all’ultimo posto la Siria con 0 punti. L’Italia ha totalizzato 89 punti, allo stesso livello di Grenada, Mauritius e St. Kittis and Nevis.

Il report del 2020 parla chiaro. Basta il titolo a farcelo capire: A Leaderless Struggle for Democracy, una lotta senza leader per la democrazia. Non un messaggio di speranza, insomma, che fa il paio con il titolo dell’anno scorso: Democracy in Retreat, la democrazia in ritirata.

Il 2019 è stato infatti il quattordicesimo anno di fila a registrare un declino dei livelli di libertà e democrazia.

In verde i Paesi “liberi”, in giallo i Paesi “parzialmente liberi”, in viola i Paesi “non liberi”

 

IL CONTENUTO DEL REPORT

Freedom House non usa mezzi termini: «La democrazia e il pluralismo sono sotto attacco».

Dopo la diminuzione dei Paesi “non liberi” nel periodo 1988-2005, dal 2006 la tendenza si è invertita. Oggi i Paesi “liberi” sono scesi al 42%, mentre hanno toccato quota 25% quelli “non liberi”.

Le cause sono svariate: innanzitutto gli attacchi e le censure alla stampa e alla libertà di pensiero. Ciò vale sia per i dittatori sia per molti leader liberamente eletti. Per questi ultimi è in atto un preoccupante passaggio alle democrazie illiberali, o democrature.

Poi vi sono le conseguenze della crisi economica del 2008, che avrebbero favorito l’ascesa dei partiti populisti e la sfiducia nei confronti delle istituzioni.

Per non parlare della violazione dei diritti dei migranti e dei soprusi subiti dalle minoranze. Nel report si legge infatti che «I gruppi di minoranze etniche, religiose e di altro genere hanno sopportato il peso maggiore degli abusi del governo». Il richiamo esplicito è alla Cina, rea di aver «portato avanti uno dei più estremi programmi al mondo di persecuzione etnica e religiosa» con riferimento ai campi di detenzione per i musulmani uiguri.

C’è anche un richiamo a USA e India, «sempre più disposti a rompere le garanzie istituzionali e ignorare i diritti di critici e minoranze mentre perseguono i loro programmi populisti».

Il report, però, lascia anche spazio alla speranza. «Un numero impressionante di nuovi movimenti di protesta dei cittadini è emerso nell’ultimo anno riflettendo l’inesauribile e universale desiderio di diritti fondamentali». Si è trattato di manifestazioni che si sono opposte a interessi profondamente radicati, che hanno il pregio di tentare di rallentare il calo del livello di libertà globale. Freedom House conclude con un appello alle democrazie consolidate perché diano sostegno e solidarietà a questi movimenti di protesta.

CHE COS’È UNA DEMOCRATURA?

Una delle cause dell’indebolimento della libertà nel mondo è riconducibile al crescente numero di democrazie illiberali o democrature. Di cosa si tratta?

Partiamo dalla definizione della Treccani, che recita: «Regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti ad un autoritarismo sostanziale».

Il termine è figlio di una crasi tra le parole democrazia e dittatura. La sua paternità è dubbia. Potrebbe essere ricondotta all’accademico croato Predrag Matvejevic o al giornalista e scrittore uruguaiano Eduardo Galeano. Qualunque sia la vera origine, il termine designa lo stesso concetto, sia esso riferito all’Europa post-sovietica oppure al Sudamerica dei golpe.

Una scena tratta da “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin del 1946

Il primo impiegò la parola per riferirsi agli Stati dell’ex blocco sovietico, formalmente democratici, ma di fatto oligarchici. Il secondo, invece, ne fece uso nell’analisi del suo continente. In Le vene aperte dell’America Latina (1971) le democrature sono descritte come il camuffamento delle dittature sotto le mentite spoglie delle democrazie.

Si può ancora parlare di democrazia quindi? Per rispondere con le parole di Roberto Esposito – intervenuto in merito sulla pagina Facebook Ultimo filosofo: «Sì, sul piano formale; no, sempre meno sul piano sostanziale».

 

LE DEMOCRATURE OGGI

Non deve quindi sorprendere che lo svizzero Liniger-Goumaz abbia a tal proposito parlato di dictature camouflee.

E in quanto camuffata, la democrazia può agire in maniera illiberale. Ci sono libere elezioni, ma non hanno valore. La società è chiusa e i cittadinI non sono informati sul comportamento del Governo. Vige una Costituzione, ma viene spesso e volentieri ignorata. I media appartengono allo Stato e la libertà di stampa è fortemente limitata. Eppure non si può parlare di dittatura, perché manca la figura del leader carismatico e i poteri rimangono comunque separati.

Per fare qualche esempio concreto si prendano l’Ungheria di Orbán e la Turchia di Erdogan. Senza

Recep Tayyip Erdogan e Viktor Orbán

dimenticare la Russia di Putin, la Cina di Xi Jinping e l’Iran di Khamenei. Sono tutti Paesi in cui è in atto una progressiva dissoluzione dello Stato di diritto.

Il rischio è che il germe delle democrature si diffonda in Europa e non. Come sembra stia avvenendo nella Polonia di Morawiecki, membro del Gruppo di Visegrád e molto vicina all’Ungheria.

La minaccia è concreta e il report di Freedom House non lascia ben sperare…