“Forse si tratta di fabbricare quello che verrà
con materiali fragili e preziosi, senza sapere come si fa.”
Con questo verso di “Le ragazze stanno bene” – del gruppo Le Luci Della Centrale Elettrica – si è aperta un’importante riflessione all’Arena Robinson, nel padiglione 3 del Salone Del Libro.
Gli storici Carlo Greppi e Claudio Ferlan si sono confrontati con un’importante questione: è possibile raccontare la storia senza renderla, e rendersi, noiosi? Basta dare un’occhiata ai lavori dei due autori per rispondere. Ferlan, nel suo ultimo libro, ripercorre la grande storia dal punto di vista di un personaggio molto particolare: il vino. La sua pubblicazione ha un titolo molto chiaro: “Sbornie sacre, sbornie profane. L’ubriachezza dal Vecchio al Nuovo mondo”. Lo storico decide di far partire la propria narrazione dai modi e dai luoghi in cui le persone si incontrano. E quale migliore occasione, chiede Ferlan a un pubblico di giovanissimi, se non seduti davanti a un tavolo pieno di alcool?
Questo metodo è interessante per l’attenzione agli aspetti più umani e meno mitizzati della Storia, un approccio che dista anni luce dai manuali scolastici. Manuali che, per Carlo Greppi, si rivelano inadatti. Seguono la politica dell’accumulo, come quelli di cinquant’anni fa, senza formare i giovani sulla storia più recente, sugli avvenimenti importanti dell’Italia post-bellica. Avvenimenti come il 25 Aprile 1945, tema e titolo dell’ultimo lavoro di Greppi, che si inserisce in una serie di libri sui “Dieci giorni che hanno fatto l’Italia”. Anche in questo caso l’intento dell’autore si distanzia parecchio dal carattere quasi cronachistico tipico dei libri di storia. Si tratta di raccontare un solo giorno, il giorno simbolo della Liberazione antifascista. Viene raccontato, però, dal punto di vista di tre grandi protagonisti, quasi dimenticati dai programmi scolastici: Raffaele Cadorna, Ferruccio Parri e Luigi Longo.
Nonostante l’impegno notevole di studiosi come Greppi e Ferlan, qualcosa evidentemente non funziona nel sistema scolastico italiano, che non riesce a coinvolgere i giovanissimi. Che sia a causa dei manuali obsoleti o di ideologie radicate negli insegnanti, il risultato è questo: la storia, soprattutto quella più recente, resta un accumulo interminabile di date e nomi. Il risultato sono cittadini inconsapevoli del proprio passato, incapaci di confrontare il presente con i grandi eventi che non hanno avuto modo di conoscere appieno.
Forse però in questo momento sarebbe il caso di sapere chi fossero Cadorna, Parri e Longo, come abbiano fatto a mettere da parte le proprie differenze per un obiettivo comune. Sarebbe il caso di capire che il presente non si è fatto da solo, e che il passato si rifarà, si compirà nuovamente, anche nelle sue peggiori manifestazioni, se non lo si conosce. Ma lo si può evitare con i giusti strumenti.