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REPETO: La start up che innova la scuola

L’idea innovativa

Due giovani chieresi, Alessandro Piovano e Federico Facelli hanno un’idea che può rivoluzionare l’istruzione pubblica, partendo dal territorio. Quest’idea può essere di ispirazione a tutti coloro che sono stanchi di sciacquarsi la bocca con frasi come “l’istruzione è fondamentale per la crescita del Paese” o “i giovani sono il futuro della società”.

Insomma, i due giovani non si sono arresi di fronte alla mancanza di alternative e al frustrante immobilismo delle istituzioni.

Il sistema scolastico 

Il sistema dell’istruzione italiana ha bisogno di innovarsi. Questa consapevolezza risuona nei corridoi delle scuole da tempo immemore, tanto da sembrare una cantilena a cui ci siamo abituati.
Le stonature però hanno degli effetti, anche fuori dai corridoi, che tutti conosciamo da anni: le iscrizioni nelle scuole sono in forte calo, i NEET sono in aumento e le società lamentano i danni del mancato allineamento fra le competenze richieste dal mondo del lavoro e quelle acquisite negli anni di formazione.

Come spiega bene un documento di Save The Children, la dispersione scolastica è di nuovo in crescita. Le disuguaglianze economiche si tradurranno ancora di più in disuguaglianza culturale, in un periodo di passaggio alla DAD che sembra sempre meno passeggero.

Come spiega altrettanto bene Christian Raimo in un articolo di aprile su internazionale.it:

Mai come oggi sono da evitare misure improvvisate e confuse, che rischiano di creare sprechi. Bisogna affrontare la crisi attraverso un piano organico immediato e di lungo periodo da costruire a partire dai territori.

Per scoprire il filo che lega i problemi dell’orientamento, dalla mancanza di un’adeguata offerta formativa alla questione della disuguaglianza culturale, faremo qualche domanda ai due studenti-imprenditori, che hanno in mente una possibile soluzione e sono determinati a portarla avanti.

Qual è la sfida della scuola italiana oggi?

La scuola in Italia è da anni in svantaggio rispetto a molte delle sfide che le si presentano, che si possono riassumere in 3 ambiti:

in primo luogo, risaltano l’inadeguatezza e la lentezza nell’aggiornamento dei piani di offerta formativa a livello nazionale, dovuta in parte alle dimensioni burocratiche dell’apparato pubblico: solo le scuole in possesso di un organico di professori e presidi intraprendenti e volenterosi riescono a attualizzare le competenze fornite al periodo che stiamo vivendo e ai dettami della società odierna.
L’informatica è raramente centrale nei programmi e il rapporto con le tecnologie rimane un tabù all’interno della maggior parte delle scuole, dove si tenta di limitarne l’uso piuttosto che adottare soluzioni che ne integrino l’utilizzo nell’insegnamento, lasciando gli studenti da soli nell’educazione digitale. Oltre ciò, anche lo sviluppo di capacità creativa è scarsamente affrontato, con task sequenziali e scarsa libertà di movimento per l’alunno nella risoluzione.

In secondo luogo gli studenti hanno una visione della scuola come di un luogo in cui andare perché obbligati. La scuola sta adottando sempre di più le prassi di un’azienda: gli insegnanti devono portare a termine degli obiettivi didattici ben precisi in tempi determinati, che lasciano poco spazio di manovra. I programmi stessi sono vincolati a questi obiettivi e non lasciano spazio ad attività che coinvolgano realmente lo studente.
Gli spazi della scuola non sono in grado di svolgere la funzione di struttura fisica e di rete in cui si sviluppano idee e ideali, in quanto nessuno la traghetta nell’adempimento di queste funzioni, compito lasciato agli studenti che le sviluppano unicamente negli intervalli e all’esterno della scuola.

Infine, a causa dell’interazione tra i due argomenti spiegati sopra, la scuola non è in grado di sopperire alla disuguaglianza. Per accedere alle possibilità che non sono proposte dalla scuola è infatti necessario da parte degli studenti un impegno specifico di risorse, che vanno ben al di là della sola volontà.

Federico Facelli e Alessandro Piovano

 

Qual è la risposta di Repeto?

La missione ideale di Repeto è combattere la disuguaglianza culturale e lo stato di abbandono che la scuola subisce dalla società civile non studentesca. La scuola pubblica è l’istituzione su cui si fonda uno Stato, la sua linfa vitale, il suo polmone verde di idee e risorse. Lasciare sola la scuola significa lasciare soli i figli e abbandonare il futuro alla decadenza. Non prendersi cura della scuola, della sua organizzazione, della sua offerta formativa comporta conseguenze che si propagheranno su più fronti creando una serie di ingiustizie e inefficienze che peseranno su tutto il sistema economico e sociale di un paese.

Per fare ciò, Repeto punta a costruire una scuola distribuita, non legata ad un singolo istituto fisico, ma a una piattaforma logistico amministrativa che metta in collegamento un’offerta formativa organizzata con la domanda presente in un dato territorio. Collaborando con le scuole sarà possibile fornire un’offerta formativa di qualità a un costo più accessibile al pubblico rispetto ai competitors.

Quale impatto si propone di avere sul presente della scuola italiana?

Grazie ai corsi di vario genere complementari al piano ministeriale, Repeto svolgerà una funzione di supporto alla scuola, agendo lì dove i tempi e le dimensioni del gigante burocratico faticano a operare e favorendo l’ampliamento delle possibilità di apprendimento per gli studenti.

Facendo ciò, il fine dei corsi sarà, in primis, orientativo, permettendo agli studenti di sviluppare nuovi interessi esplorando diversi ambiti. Successivamente li accompagnerà nello sviluppo di competenze utili a vivere nel mondo odierno, progredendo nei livelli dei corsi e nella complessità delle informazioni ricevute. A livello puramente culturale, amplierà la visione degli stessi in quanto cittadini e la loro comprensione di ciò che li circonda.

La scuola italiana dovrebbe custodire i sogni dei giovani, accoglierli fra le sue braccia quando sono ancora puri e supportarli attraverso un’offerta  all’interno della quale lo studente può fare richieste,  il professore è suo sostegno e in cui è possibile crescere determinati ad affrontare il futuro senza esserne spaventati.

Conclusioni

Tutti noi conosciamo quel professore all’avanguardia che cerca di dare di più, nonostante riceva lo stesso compenso dei i colleghi “sedentari”. Repeto vuole trasformare questa figura in un’istituzione, garantendo a tutte le scuole del circuito, che inizialmente si concentrerà nella zona del torinese, un’offerta formativa che adatti gradualmente le scuole alle sfide di oggi. In futuro potrebbe diventare il laboratorio dialettico e pratico capace di inventare la scuola di domani, dando l’impulso per un dibattito e un’azione politica in tema di riforma dell’istruzione.

Seguiamoli, sosteniamoli e partecipiamo!

Per altre informazioni seguiteli sul sito Repeto.it, il progetto è solo all’inizio!