Ogni libro vive di per sé stesso, nel suo hic et nunc, nella sua propria individualità. Ma il suo fuoco interiore è alimentato anche dalla fiamma delle opere che l’hanno preceduto e influenzato. E le sue ceneri sono destinate a volare sulle ali del vento e raggiungere luoghi e tempi lontani, in cui vivrà ancora e ancora sotto nuove forme. Per questo motivo gli studiosi di etimologia fanno risalire il termine “testo” al latino textum, cioè intrecciato, intessuto di fili diversi.
Il retore Quintiliano, duemila anni fa, rifletteva su come un autore dovesse rapportarsi a coloro che lo avevano preceduto. La sua trattazione espone quello che è il fondamento di tutta la letteratura latina antica: il principio di emulazione, un guardare ai grandi del passato per carpirne il più possibile, senza però cadere in un calco pedissequo e inevitabilmente inferiore dal punto di vista qualitativo rispetto all’originale.
«L’imitazione da sola non è sufficiente, se non altro perché è segno di pigrizia intellettuale accontentarsi di ciò che hanno già inventato gli altri. […] Che sarebbe successo se nessuno avesse realizzato di più di colui che imitava?» (Institutio oratoria). Un testo, dunque, deve guardare alle vette raggiunte dai predecessori, ma proporsi di oltrepassarle e di non percorrere la medesima strada già ampiamente battuta. Gli antichi, dunque, non sono dei giganti insuperabili, bensì dei traguardi a cui mirare e, possibilmente, da superare, apportandovi qualcosa di nuovo. «Chi si propone di essere il primo forse eguaglierà il modello, anche se non lo supererà. Ma nessuno può eguagliare colui di cui ritiene di dover seguire le orme, perché chi segue un altro sarà inevitabilmente dietro di lui» (Ibidem).

Il concetto di emulazione sopra descritto è ciò che sta alla base del processo di riscrittura. Ogni testo non nasce in un vuoto perfetto e libero da influenze. Inevitabilmente reca in sé qualcosa della personalità del proprio autore, del contesto sociale e politico in cui viene alla luce e, soprattutto, delle opere che lo hanno preceduto. Omero è stato il grande colosso che tutti i poeti epici antichi si sono proposti di imitare. Virgilio ha ammirato il greco Teocrito ma a partire dai suoi Idilli ha compiuto una selezione di argomenti e su di essa ha plasmato le Bucoliche. Shakespeare, nel Midsummer night’s dream, ha attinto al grande recipiente delle Metamorfosi di Ovidio e ha riproposto la vicenda di Piramo e Tisbe in un’ottica di parodia e di riflessione metateatrale. Si tratta di autori che hanno lasciato un’impronta indelebile nella nostra storia letteraria. Eppure non tutto ciò che narrano è invenzione autentica, molto del loro materiale ha preso vita in altri luoghi, materiale a cui è concessa una seconda, una terza esistenza, diversa dalle precedenti ma che di esse porta ancora traccia.
Ogni opera inevitabilmente dialoga con altre per affinità o per contrasto: un certo personaggio, da marginale che era, può diventare dominante sulla scena, un certo elemento può essere reso in vena comica o tragica, certi aspetti possono essere omessi. Riflettere sul perché di queste scelte – perché un dato autore abbia ripreso un certo particolare piuttosto che un altro, perché abbia parodiato il proprio modello, perché si sia rifatto a quel particolare predecessore e a quella particolare opera – permette di cogliere la poetica e le radici che stanno alla base di qualsiasi capolavoro letterario. Ogni opera si definisce sulla base ovviamente di ciò che dice, ma allo stesso tempo di ciò che riprende da altri e di ciò che invece abbandona.
Ecco il concetto di riscrittura: partire da un testo base e lavorarci sopra. Stravolgerlo completamente, focalizzarsi su un personaggio, riprendere una parola o un’espressione. Se si analizza la letteratura latina di età imperiale, ad esempio, si nota che Virgilio, Orazio, Properzio, Ovidio si richiamano a vicenda nelle loro opere e riportano alla memoria Omero, Ennio, Esiodo, Callimaco, variando anche soltanto un termine di un loro verso. Sono citazioni sottilissime e spesso di ridotta estensione, eppure determinano un’intera scelta di poetica, un filone di pensiero in cui riconoscersi.
Oltre al dialogo intertestuale, determinante nella composizione di un’opera è anche il contesto in cui essa ha origine, i rimandi ipertestuali. Spesso gli autori si proiettano nei personaggi di cui raccontano la condizione sociale; si pensi a Jane Austen e alle sue descrizioni della vita di donne appartenenti alla piccola borghesia di campagna. Oppure utilizzano le proprie opere come cassa di risonanza per una denuncia sociale o per esprimere un dissenso politico. La letteratura, poi, può essere influenzata da tutte le altre arti e influenzarle a sua volta. Pittura, scultura, cinema, teatro, poesia, narrativa, sono le une connesse con le altre da un sottile legame, definito per similitudine o per contrasto. Come se un’industriosa ape operaia raccogliesse polline da fiori diversi e, con il ventre ancora sporco delle gemme precedenti, lasciasse cadere su nuovi petali un po’ del contenuto rubato nelle sue precedenti visite. Allo stesso modo le arti dialogano tra di loro.
Esistono, quindi, due modi di approcciarsi ad un’opera letteraria, o, più in generale, ad un’espressione artistica. Il primo è semplice e quotidiano: è sufficiente vestire i panni del lettore interessato alla trama, ai personaggi, che apprezza la lettura per diletto ed evasione. Non è assolutamente una visione sbagliata, la letteratura è certamente questo. Ma è anche questo. Il secondo modo richiede una cultura non superficiale, una vasta gamma di esperienze e una volontà critica, che non si limita al ruolo di recettore di stimoli ma va ad indagare intorno ad essi. Questa visione permette di scoprire la connessione sotterranea che lega culture ed epoche diverse, un significato più profondo che non vive a livello di intreccio narrativo ma di poetica.
La rubrica di Officina Magazine #EcodellaLetteratura si propone di andare a scavare e riportare alla luce questa complessa trama di gallerie sotterranee, proponendo al lettore l’analisi di alcuni testi e dei rapporti che essi hanno intessuto con passato, presente e futuro.