Nella sfera pubblica, in cui siamo sempre più immersi tramite il dibattito digitale, inquadriamo i temi posti all’attenzione collettiva ed elaboriamo cornici interpretative che ci portano a comprenderli. La capacità di attenzione è una risorsa scarsa, che, se male allocata, può portarci tanto a sovrastimare alcune problematiche, come a sottostimarne altre. Tendiamo a concentrarci su ciò che è più visibile e immediato, su quello che è già stato messo in tavola, intrappolati come siamo in quelle bolle social (echo chamber) che confermano le nostre visioni del mondo, comprese le gerarchie dei problemi. Ciò che vediamo nella sfera pubblica non coincide perfettamente con quello che accade, anzi, sui social questo è sempre più vero. I processi storici per la maggior parte hanno meccaniche sommerse, di cui ci curiamo solamente quando gli effetti si fanno prorompenti e, appunto, visibili. Quando le bolle scoppiano e, forse, è già troppo tardi.
Il coronavirus non è invisibile, è solo estremamente piccolo e così si nasconde all’occhio nudo. Per motivi politici, si nasconde alla stampa di paesi autoritari da cui è partito. I suoi effetti erano invisibili, lontani, fino a quando, da febbraio, hanno fatto irruzione nelle vite di tutti. Forse la presenza più importante di questo tema nella sfera pubblica avrebbe sensibilizzato le nostre coscienze, impedendo così scene come quelle degli impianti sciistici pieni a fine febbraio.
Sembra che abbiamo imparato la lezione, cosa ben più importante che recriminare gli sbagli che come collettività abbiamo quasi tutti fatto. Anche se i danni all’economia sono, per la maggior parte, al momento, invisibili, ci stiamo attrezzando per mitigare le ricadute negative, considerando reale più di ciò che già vediamo. Parlare di una cosa, darle attenzione, la rende reale e permette di affrontarla in maniera efficace. La nostra sensibilità di consumatori ci aiuta a cogliere l’importanza del dibattito sugli strumenti economici per affrontare la crisi, cui prestiamo molta attenzione. La nostra sensibilità di cittadini però, forse un po’ sopita da decenni di “non mi interessa la politica”, non ci aiuta in questo momento a cogliere i rischi di un peggioramento dei diritti civili e politici, che possiamo facilmente misurare a partire dagli ultimi della nostra società. Il diritto infatti vale per tutti o per nessuno, altrimenti diventa privilegio o discriminazione. Il diritto è l’espressione giuridica e comunitaria della nostra libertà individuale. Un’altra lezione che abbiamo tutti imparato è che questa libertà individuale dipende dalla libertà di tutti gli individui. Quando l’attenzione residua è poca per questi temi, e l’invisibilità delle discriminazioni ce ne nasconde la concretezza, è difficile prevenire, attrezzarsi d’anticipo, ed evitare disastri. Abbiamo di fronte non solo una crisi sanitaria ed economica, ma anche politica e sociale.
Una questione mi pare troppo assente dal dibattito, ma ancora più presente nella realtà: che la regolarizzazione dei sans-papier ha a che fare non solo con la sicurezza, ma anche con la libertà di tutti.
Secondo il Pew Research Center, nel 2017 l’Italia ospitava tra i 500 mila e i 700 mila migranti irregolari. Dato che il numero degli espatri effettivi è stato minimo negli ultimi anni e che i criteri per ricevere il permesso di soggiorno si son fatti più stringenti con i decreti Salvini, possiamo aspettarci che quella cifra non sia di molto variata. Considerando, poi, il sovraccarico delle Commissioni Territoriali che devono giudicare riguardo alle domande di asilo e quello delle questure preposte al rilascio dei documenti, entrambi aggravati dall’emergenza Covid, è chiaro che non sia possibile seguire le procedure standard. Da giorni si moltiplicano gli appelli, penso a quello di Emma Bonino o dell’ex ministro dell’interno Minniti, o ancora dei vertici CGIL ad una sanatoria per i lavoratori di settori importanti. È notizia del 20 aprile che la ministra Lamorgese sta lavorando a una regolarizzazione di “chi serve” nei campi dell’agricoltura e della pesca, mentre niente è ancora in studio per quanto riguarda chi svolge lavori di cura.
Qui, però, noto che forse la cornice di interpretazione economicistica rischia di ostacolare una comprensione complessiva. Anche ammettendo di risolvere il problema dei lavoratori non regolarizzati, ci dimentichiamo di tutti quelli che lavorano in settori diversi o che probabilmente hanno perso il lavoro a causa dello stop delle attività produttive dovuto al lockdown. Il fatto di non essere registrati, di essere fantasmi sul suolo nazionale, pone seri problemi al sistema di prevenzione e di controllo dei contagi, indispensabile per convivere con il virus; e, cosa ancor più grave, esclude in un momento critico quote importanti di persone dai diritti alla sanità e all’istruzione, solo per citarne alcuni. Il fatto che sia ammissibile che centinaia di migliaia di persone vivano all’interno di una nazione senza essere riconosciuti mette a rischio alla sicurezza di tutti, com’è intuitivo comprendere, ma anche alla libertà di tutti.
Il reato di clandestinità è stato istituito dalla legge Bossi-Fini e poi rafforzato con i decreti Salvini, rendendo più stringenti i criteri per il rilascio del permesso di soggiorno. Precise scelte politiche hanno dato luogo alla situazione di insicurezza che la presenza di centinaia di migliaia di irregolari rappresenta. Una sanatoria aumenterebbe le libertà di molti e la sicurezza di tutti, diminuendo i diritti a cui dobbiamo temporaneamente rinunciare per la salute della collettività. Potremmo svuotare i centri per il rimpatrio prima che si trasformino in focolai, dare respiro agli organi di giustizia e all’amministrazione pubblica, proteggere molte persone dai rischi che la mancanza di assistenza sanitaria rappresenta.
Parliamo di sanatoria generale e incondizionata, diamo voce a chi è invisibile ma presente, reale. Affermiamo il principio di umanità secondo cui ognuno ha diritto ad una vita dignitosa solo per il fatto di esistere, e non a seconda dell’utilità del suo impiego nell’economia nazionale. Applichiamo la lezione che abbiamo imparato anche a questo importante processo. È la nostra attenzione nella sfera pubblica a rendere visibile ciò che è già reale e a darci modo di affrontarne le problematiche. È solo difendendo i diritti di tutti, a cominciare dagli ultimi, che possiamo affermare e preservare la nostra libertà. Quando si sarà fatto tutto per aumentare la sicurezza aumentando le libertà, saremo tutti più disposti a rinunciare a una parte minore per stare più al sicuro. La sanatoria è una questione di dignità innanzitutto, di sicurezza, ma anche di libertà.
Fonti:
https://www.agi.it/cronaca/immigrati_irregolari_clandestini_in_italia-6543060/news/2019-11-15/
https://www.agi.it/cronaca/immigrati_irregolari_clandestini_in_italia-6543060/news/2019-11-15/